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San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo; che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli; e tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. AMEN. Clicca su S.Michele A .>>> e vai alla Cappella virtuale Reginamundi.info

giovedì 31 luglio 2014

...per conoscere il cuore e decidere "IL DISCERNIMENTO DEI GESUITI" (I^ REGOLA)

AGOSTO aperto

"regole di discernimento" - 

s. Ignazio di Loyola

Da le Regole per conoscere il cuore e decidere

Oggi è la festa di s. Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti ed esploratore della vita interiore.
 Nei suoi Esercizi spirituali ha formulato delle "regole di discernimento"; sono dei principi per conoscere il proprio cuore, per leggerne i movimenti nella fede e orientare le proprie scelte senza lasciarsi trascinare dall'emotività. Il gesuita Francesco Occhetta, de La Civiltà Cattolica, le ha commentate sul suo blog personale.
  • I regola: “Quando vai di male in peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti immaginare piaceri e godimenti, perché tu persista e cresca nella tua schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo opposto: ti punge e rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore” (Esercizi Spirituali, n. 314)
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    Spesso ai gesuiti viene chiesto: “ma cosa è il discernimento?”. Il termine è stato utilizzato da Sant’Ignazio di Loyola che lo ha approfondito nel suo libretto degli Esercizi spirituali, non tanto come qualcosa legato alla teoria, ma come strumento di libertà e di purificazione del cuore che ciascuno può utilizzare.
    Faremo dunque un piccolo viaggio per immergerci in queste regole e per capire cosa significa discernere. Se leggendole le potete arricchire con la vostra esperienza, sarete i benvenuti… ma mi raccomando scrivere cose sensate :)
    Andiamo con ordine e a piccole dosi. Anzitutto discernere vuol dire setacciare, vagliare, distinguere le voci del cuore che ci abitano per poter fare scelte libere, responsabili e consapevoli. Ma come facciamo a capire quando ci parla il male (il nemico della nostra natura) e quando ci parla Dio?
    Ecco cosa scrive sant’Ignazio nella 1° regola di discernimento:
    Quando vai di male in peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti immaginare piaceri e godimenti, perché tu persista e cresca nella tua schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo opposto: ti punge e rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore” (Esercizi Spirituali, n. 314).
    Ci chiediamo: quando si fa il male, come ci parlano le voci nemiche e quelle amiche che vengono da Dio?
    Sant’Ignazio ci dice che nel cuore ci sono delle voci che ci stuzzicano e ci portano a vivere “piaceri e godimenti sensuali”. Aveva compreso nella sua esperienza di vita che piacere e felicità non coincidevano. Anzi: la ricerca del piacere era inversamente proporzionale al sentirsi sereni e felici.
    Quando infatti ti lasci dominare dagli istinti, il (tuo) nemico, quello interiore con cui bisogna coabitare, parla al nostro cuore con il linguaggio del piacere. Ma questa dinamica è apparente e cessa dopo l’azione e che ti lascia più vuoto e deluso di prima.
    E le altre voci cosa i dicono? In questa situazione Dio invece parla col rimorso, che è un dispiacere o disagio interiore. Se ascolti queste voci comprenderai le conseguenze di quanto ci stai procurando con le nostre mani.
    Quando facciamo il male, il linguaggio del piacere apparente è dal nemico, quello del dispiacere da Dio: “il primo ti vuole far perdere, il secondo desidera salvarti”!
    Il male cerca sempre di apparire bene ma alla fine dice solo bugie e ti ipnotizza. Non mantiene ciò che promette e ti usa. Ti lascia un’insoddisfazione che cresce. È la logica della droga: per fare effetto il piacere ha sempre bisogno di una dose in più!
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    Ma attento sei chiamato a non confondere il piacere con la felicità.
    Il piacere soddisfa i tuoi bisogni egoistici, spesso ti fa usare l’altro e non esiste la logica della gratuità e del dono in questo tipo di dinamiche, la felicità nasce invece da una relazione: si vive per gli altri, ci si apre a se stessi ed è apertura verso Dio.
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    Quando il piacere e la tua felicità coincidono allora il piacere è autentico e lo si può vivere serenamente perché è creato da Dio.
    Ma come fare a capire queste voci? Per capire se ciò che ti attira è bello o brutto ascolta come stai “dopo”. Se quello che hai fatto dà gioia anche dopo, significa che hai ascoltato le voci di Dio, se dà rimorso, ti sei fatto intrappolare dal nemico.
    Il bene lo paghi subito, ha un costo nel farlo; il male si offre gratis, ma lo paghi dopo e tanto, in più non ti appaga.
    L’eccesso di cibo e di alcool, le varie infedeltà, la prostituzione, l’uso di droga, la corsa sfrenata alla carriera, la ricerca del potere… danno piacere sul momento. Ma non danno felicità! E rischiano di rovinare le cose belle costruite in una vita!
    È preoccupante vedere uno che fa il male e non sente vergogna. Significa che non ascolta le voci di Dio nel suo cuore. Il cambiare vita parte dal provare vergogna e dal rimorso che è le tristezza che viene da Dio e porta alla vita.




lunedì 28 luglio 2014

Satana? Un destino da perdente*****

Un destino da perdente


Satana? Un destino da perdente  www.zenit.org/it

La sua astuzia e i suoi inganni non cancellano una realtà: noi siamo figli della Luce, creature amatissime da Dio


“Ho una domanda che io e il mio ragazzo ci stiamo facendo da un po’: perché Satana punisce coloro che hanno compiuto azioni malvagie invece che premiarli? Cioè lui è il male. I satanisti che lo venerano facendo azioni malvagie, perché vengono puniti? In fondo lo venerano come i cristiani venerano Dio”.
Cara Federica, hai detto bene: Satana è il male. Male assoluto. Odio perfetto. Nient’altro che male. Punto.
E nel male totale, non esiste niente di buono. I premi alla fedeltà non sono presi in considerazione. La solidarietà di gruppo è fuori circuito. La venerazione non viene ricambiata con la gratitudine. Nella logica umana ci riesce difficile capire l’odio assoluto perché noi, anche se arriviamo ad odiare qualcuno, rimaniamo pur sempre capaci di provare ancora amore per qualcun altro.Non siamo assoluti nelle nostre scelte, ma oscilliamo da una parte all’altra.
Satana invece, odia tutto e tutti ed il suo obiettivo primario non è portare le creature dalla sua parte, ma farle soffrire. Quindi anche se qualche ingenuo lo vede come il suo salvatore, in realtà è il suo torturatore ed omicida. Qualcuno si illude che stare dalla parte del diavolo garantisca felicità e protezione, dimenticandosi però un piccolo particolare; Satana è oramai un angelo delle tenebre e non della luce. Ha in sé una malvagità indescrivibile ed un odio viscerale verso il Creatore e le sue creature amatissime: noi! Se potesse, ci distruggerebbe tutti in un istante.
Grazie a Dio non ha il permesso di farlo (il libro di Giobbe ci apre gli occhi anche su questo), però ci può ingannare(Gesù lo chiama “padre della menzogna” Gv 8,44). È talmente astuto chePapa Francesco ci ha avvertiti tutti: “Gesù non dialoga con Satana, come aveva fatto Eva nel paradiso terrestre. Gesù sa bene che con Satana non si può dialogare perché è tanto astuto”. Ricordi le domande che si fanno ai cristiani, nei momenti importanti? “Rinunci a Satana, e a tutte le sue opere e a tutte le sue seduzioni?”. In quel momento, le mura di ogni chiesa dovrebbero vibrare per la forza con cui i cristiani dovrebbero rispondere:“Rinuncio!”. Nota bene il termine “seduzioni”. Se noi diventassimo tutti furbi, mettendoci sempre sotto la sapienza di Dio (leggendo la bibbia, la vita dei santi, l’esperienza della storia umana, pregando, sfruttando i sacramenti…), lui non avrebbe nessun potere di seduzione su di noi.
Lui ha la raffinata capacità di attrarre, sviando gli uomini dal bene e dalla verità. Così porta le creature di Dio più fragili lontano dalla fonte di Luce, per trasformarle in eredi delle tenebre. Satana gioca con noi come il gatto col topo, nascondendosi dietro gli anfratti ed i muri. Baudelaire aveva capito perfettamente questa strategia e non esitava a dichiarare: “La più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste”. Oppure, invece che nascondersi, si fa bellamente adorare, promettendo false felicità e mettendoci in testa convinzioni ingannatrici. Ma il risultato non cambia.  Lui odia tutti e, pur cambiando strategia, il suo obiettivo sempre lo stesso. Vuole che soffriamo per sempre! Lui copre di rovine il mondo, lo inonda di sangue e di lacrime e deforma ciò che è bello. Se conoscessimo la profondità e l’altezza e la larghezza di quest’odio, avremmo un’intelligenza sovrumana. E tanto più odia (e qui leggi bene!), tanto più soffre. Ma non perché pentito del suo odio, ma perché ha la consapevolezza che lui è un “vinto”! È un “destinato a perdere”.
La rabbia che gli procura la sensazione di fallito, lo fa star male da morire (pur senza morire mai) equindi sfrutta il tempo che ha a disposizione per portarsi dietro di sé, più falliti possibili, proprio come lui. L’unica soddisfazione che gli è rimasta è quella di uccidere più anime possibili. Ma Gesù ci ha avvertiti: “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo”. Quindi siamo furbi: Satana non darà premi di fedeltà a nessuno. Prima ci fa cadere nel male, convincendoci che il peccato non esiste, e poi ci accusa, alimentando in noi sensi di colpa atroci. Prima ci fa sbagliare, persuadendoci che in realtà stiamo vincendo, e poi ci affossa definitivamente nel fango della Geenna.
Il Male esiste, Federica, ed è un essere concreto e non un’idea filosofica o morale. Gesù, sapendo questo, durante l’ultima cena fa una preghiera accorata al Padre: “Non chiedo che Tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal Maligno” (Gv 17,15). Il Male non è un’astrazione ma una persona: il Maligno. Satana ci metterà i bastoni fra le ruote se vogliamo diventare figli della Luce, ma lo fa perché sa che nel momento in cui decidiamo di andare fino in fondo verso la Luce, lui ha perso e noi abbiamo vinto!
Poi discese a Cafarnao... C’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!».

Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da paura e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?». E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.”(Luca 4,31-37)

M. C. Corvo

                                          *****
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La stangata 

The Sting


domenica 20 luglio 2014

Può il diavolo portare sfortuna? - Mons. Andrea Gemma

Questa è una delle domande più frequenti che la gente fa ai sacerdoti perché pensano che soffrono di qualsiasi tipo di malattia. La prima cosa da rispondere è che, visto dalla prospettiva cristiana, parlare di fortuna o sfortuna, è un modo molto superficiale di vedere la cose.Ho detto superficiale, anche se bisogna dire che parlando normalmente si potrebbe accettare, ma parlando teologicamente, no.
Tutto ciò che esternamente appare come sfortuna deve essere considerato come una prova; e tutto ciò che esternamente appare come fortuna deve essere considerato come una benedizione. 
In effetti Dio permette il male ed anche tutto ciò che è come il male, incluso il diavolo.Ma come si può sapere se il diavolo è infiltrato in mezzo a tutti i mali che ci accadono?
Non si può sapere, visto che pur essendo reale è invisibile. Solamente quando i fatti sono completamente inspiegabili, sia per il modo in cui sono successi, sia per l'impossibile concatenazione fra di essi, allora si potrebbe pensare che c'è un qualsiasi tipo di causa diabolica.
Quindi il sacerdote deve rispondere che non si può sapere se questi avvenimenti sono prodotti dal diavolo o no. Ma se c'è un influsso maligno, l'unico modo di fermarlo è con la preghiera.La preghiera, bisognerà rispondere, è ciò che attrae la benedizione divina e allontanerà il demonio. Sicuramente le persone chiederanno quante preghiere bisogna fare e quali.La mia risposta è sempre questa: Quanto più si preghi tanto più attirerà la benedizione di Dio su di lei e sui suoi.La gente cerca modi complicati e quasi magici per trovare la pace, bisogna spiegargli che Dio è un Dio semplice.
- Mons. Andrea Gemma - 

Il mare del diavolo, la montagna di Dio


Il mare del diavolo, la montagna di Dio

DI EMANUELEFANT


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di Emanuele Fant

 Tanto per iniziare non si è mai visto un Papa a Follonica con la sedia a sdraio, mentre ne sono stati avvistati in parecchie località alpine. La montagna è una metafora, pure piuttosto ingombrante, della salita al Cielo, che richiede vesciche e dà in premio una sempre maggiore rarefazione. Il mare, se lo si vuole visitare fino in fondo, costringe all’immersione, con lo scemare della luce e l’aumento degli sgraziati pesci degli abissi, soddisfatti di una vita nelle tenebre per non doversi preoccupare dell’estetica della loro dentatura.
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mercoledì 16 luglio 2014

Che cos'è che ci fa interessare ad ogni cosa? Ad ogni persona?

Qualcosa di buono

by Berlicche
Che cos'è che ci fa interessare ad ogni cosa? Ad ogni persona?
Non un moralismo laico, non un darwinismo etico, non uno spiritualismo generico. Non perché abbiamo da guadagnarci qualcosa. Non per stare tranquilli con la coscienza. Questi, al limite, sono effetti secondari, qualcosa di cui ti accorgi dopo.Perché ridurre tutto a questi sarebbe irragionevole. Lascerebbe fuori qualcosa.Le cose irragionevoli causano brutte conseguenze. Le fai, e poi sei scontento, inquieto. La realtà gratta contro la tua vita, come un ingranaggio difettoso.
Perché, in fondo,Che mi importa di te? Che mi importa del resto del mondo?Che mi importa del tuo lavoro perso, del bimbo che nasce, o non nasce, della tua operazione, della piccola disperazione? Che mi importa che il lavoro sia fatto bene, che tu stia bene, che ci sia un bene per te che manco conosco?Niente.Niente, se non fossimo uniti da qualcosa che non è un precetto, o un dogma, ma è molto più profondo, impossibile da ridurre ad un meccanismo.E' il modo in cui siamo fatti, letteralmente fatti: e solo il cristianesimo lo spiega. Io mi interesso a te perché è la mia via per essere veramente me stesso. Non per risolverti la vita. Non per calcolo, ma per constatazione.Come l'aroma di qualcosa di buono, che inspiri a pieni polmoni, e sei felice.

L'origine del mondo, la tela dipinta di Gustave Courbet nel 1866.



Il Foglio, sulla prima pagina "L'origine del mondo" di Courbet












 una provocazione dell'elefantino?

Andiamo al dunque   
Mi presento, sono il Dottor Amore, erotologo, e illustro in una serie estiva che comincia oggi come si fa a fare quello che tutti dovrebbero fare...da  ilfoglio




Mi presento, sono il Dottor Amore. Ho accettato molto volentieri l’invito del direttore di questo giornale a scrivere alcuni articoli sull’amore fisico, da intitolarsi con appropriatezza “Andiamo al dunque”. L’amore fisico è un concetto a me assai caro, un campo di studio in cui mi hanno preceduto il professor Raffaele Riefoli alias Raf, il professor Joseph Ratzinger alias Benedetto XVI, i professori Fabrice Hadjadj e Roberto Volpi (entrambi senza alias). Li ringrazio subito per quanto dei loro testi saccheggerò in seguito. Vorrei però evitare dissertazioni accademiche, preferisco suggerire con linguaggio colloquiale rimedi pratici all’asessualità contemporanea. Perché di questo i lettori, immersi in un contesto all’apparenza ipersessuato ma in realtà disincarnante, hanno urgente bisogno. Non sto parlando di kamasutra, per quella disciplina invito gli interessati a procurarsi dispense e materiali del professor Franco Trentalance (alias qui irriferibile). Sto parlando di comportamenti e situazioni che possono favorire l’incontro intimo di un uomo e di una donna, di facili accorgimenti che ognuno può prendere per rendere più carnale la propria estate. Il professor Leonardo Benvenuti, sceneggiatore di “Amici miei”, “Un sacco bello”, “C’era una volta in America”, scusate, ebbe a dire: “In fondo cos’è la vita? Sono venti estati utili”. La mia esperienza clinica mi porta ad affermare che, disgraziatamente, per molte persone le estati utili sono ancor meno, spesso solo quattro o cinque. Troppo poche. Con l’allungarsi della vita media non è più possibile vivere di rendita sul piccolo capitale sentimentale accumulato in remote stagioni di gelati e di tuffi. Le estati del ’74, dell’84, del ’94, forse pure quella dello ’04, sono foto sbiadite e fiori secchi, mentre il cuore va innaffiato costantemente. In una prima fase la medicina ha cercato di dare più anni alla vita, in una seconda fase di dare più vita agli anni. Io desidero dare più estati alla vita e più vita alle estati. Non sono un sessuologo, il termine mi suscita ribrezzo e spiegherò meglio nella lezione, pardon, nell’articolo che vorrei intitolare “L’Anti-Dunque. Le donne che lo fanno venire piccolo” quanto sia triste (spinozianamente triste) la parola di cinque lettere e tre esse, e quanto risulti nociva all’amore fisico. Nemmeno sono un andrologo, siccome studio la coppia e propugno, della faccenda in oggetto, una visione complessiva. Semmai sono un erotologo: non per nulla mi chiamo Dottor Amore.

L'Origine du monde [L'Origine del mondo]


Siamo diventati tutti Lord, nel senso di Lord Chesterfield, l’aristocratico del Settecento inglese secondo il quale nell’amore fisico “the pleasure is momentary, the position ridiculous, and the expense damnable”. Essendo il cinismo il contrario dell’amore, devo subito smontare queste affermazioni anti-dunque. Piacere momentaneo? Spesso un piacere momentaneo diventa il ricordo di una vita. Si può essere fedeli anche a una sola eiaculazione (atteggiamento opinabile ma comunque meno irragionevole di quello di colui che, in cambio di niente, è per sempre fedele a una parte politica, a una squadra di calcio). Senza contare che da un piacere momentaneo sortiscono, a volte, esistenze di ottant’anni e capolavori eterni: siamo tutti figli di piaceri momentanei, senza un piacere momentaneo non ci sarebbero stati Michelangelo e Shakespeare, Dante e Agostino, Fidia e Palladio, e nemmeno Lord Chesterfield. Posizione ridicola? A letto nessun rispetto, ricorda una massima senza tempo, tutte le posizioni sono buone. Bisogna essere parrucconi dell’età georgiana, o lettrici contemporanee di rubriche ironiche, per trovare qualcosa di comico nel mettersi sotto o sopra o davanti o dietro. A letto non si ride così come a tavola non si parla con la bocca piena: sono nozioni elementari. L’amore è una cosa seria e l’amore fisico serissima, quasi tragica, essendo il luogo dove la vita sfida la morte. Non c’è proprio nulla su cui scherzare. Di fronte all’intimità va sospeso il giudizio e abbassato lo sguardo, se proprio non si è capaci di uno sguardo neutro. “L’amore ce lo si immagina cieco, e una donna di solito chiude gli occhi quando il preludio comincia” scriveva il professor Jünger negli anni Trenta e bisognerebbe capire (lo chiederò alle mie pazienti) se gli occhi vengono chiusi ancora oggi. Spesa eccessiva? Può darsi che Lord Chesterfield fosse solito pagare le sue amanti, del resto era l’epoca in cui Casanova non trovava sleale conteggiare fra le proprie conquiste (121) anche ragazze prezzolate, come le tre sorelle minorenni e ultraminorenni avute fra Ancona e Senigallia nel 1744: Teresa (16 o 17 anni), Cecilia (12 anni) e Marina (11 anni), convinte a suon di zecchini. Poi però c’è stato il romanticismo, movimento senza il quale, fra l’altro, difficilmente sarebbe potuto esistere un Dottor Amore successivo a Ovidio. Pur stimando moltissimo il professor Ratzinger, teologo convinto che “eros e agape non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro”, devo ammettere di essere influenzato da un’idea magari ottocentesca di gratuità dei sentimenti. Tendo a credere che in alcuni rapporti eros e agape siano separati, se non del tutto, quasi del tutto, e chiaramente penso ai rapporti in cui prima dei baci ci si scambiano zecchini. Ciò non mi impedisce di cogliere la bellezza del tentativo, proprio del cristianesimo, di illuminare ogni esperienza umana, anche la più degradante. Ma non è il porno l’argomento di questi articoli. Per spesa eccessiva si potrebbe anche intendere la spesa relativa al corteggiamento.

All’università dovetti sorbirmi un professore che si atteggiava a disilluso. Il Chesterfield dei poveri invece di fare il suo mestiere, insegnare, preferiva infliggere agli studenti considerazioni misogine del tutto svincolate dalla materia di studio. Nella sua visione le donne erano innanzitutto un danno economico: uscirci la sera significava spendere per la benzina (o per il taxi), spendere per l’aperitivo, spendere per il ristorante, spendere spendere spendere, col rischio poi di andare in bianco. Molti ragazzi annuivano, rafforzati in convinzioni sviluppate al bar-biliardo fra coetanei tutti maschi e tutti dai medesimi interessi: calcio, motorette… Oggi ribalterei la questione: eccessiva è la spesa personale e sociale della solitudine. A starsene chiusi in casa inizialmente si risparmia ma poi, è quasi inevitabile, si finisce col soccombere al bisogno del cagnetto, la bestiola che il professor Satanassi (non è un alias, è un molto romagnolo cognome) argutamente definisce “animale da solitudine”. E ciò che non è stato speso in Negroni e Spritz finirà in veterinari e crocchette. Socialmente non ne parliamo: “Senza crescita demografica non c’è neppure quella economica” dicono all’estero il professore Hugh e in Italia il professor Gotti Tedeschi. E’ vero che solo una piccola parte dell’amore fisico va alla riproduzione, ma una grandissima parte della riproduzione viene dall’amore fisico. Siamo diventati tutti Lord senza potercelo permettere: l’Inghilterra padrona dei mari poteva sopportare senza problemi una manciata di aristocratici accidiosi o mal protesi, l’Italia senza più moneta né industria né bambini non può sopravvivere a decine di milioni di asessuali, iposessuali e omosessuali. Ecco perché urgono gli stimoli e i suggerimenti del Dottor Amore.
Siamo diventati tutti autistici. Mi dispiace per la bella signora Agnese ma il brutto signor Mineo aveva ragione: suo marito non ascolta. Digita, si agita, non ascolta. Sgambetta, ha fretta, non ascolta. Mi dispiace pure per il professor Nicoletti che si considera padrone dell’accezione e si adombra, e intravede complotti, ogni qualvolta la parola viene usata in ambito non strettamente medico-scientifico. Autismo, copioincollo dalla Treccani, significa “perdita del contatto con la realtà, con conseguente chiusura in un mondo radicalmente irrelato agli altri”. Legittimo, etimologicamente corretto, è pertanto definire autistico Renzi e l’italiano medio e mediocre e l’occidentale in generale che, scrive Michael Cunningham, ha indirizzato verso l’acquisto compulsivo “il desiderio che un tempo sarebbe confluito nel sesso”. Cunningham è un romanziere, si dirà, ma il fenomeno è confermato da operatori del settore quali Federico Marchetti di Yoox: “Il nostro cliente sceglie e compra in media in 15 minuti: sono i suoi 15 minuti di happy shopping. Senza dover parcheggiare, senza avere un rapporto con un commesso”. Lo stesso Marchetti spiega che il cliente è nella maggior parte dei casi una cliente, se ne deduce che la donna italiana è felice quando può rapportarsi con un computer anziché con un essere umano. Dopo quella col cagnetto, quella coi siti di e-commerce moderecci è piuttosto evidente un altro caso di relazione sostitutiva: parafrasando il professor Satanassi, Yoox e Zalando e Vente Privee sono siti da solitudine. A questo punto vorrei citare non più un professore ma un poeta, il romantico Alfred de Vigny che due secoli fa vide il nostro presente: “Presto, ritirandosi in un orrendo regno, / la Donna avrà Gomorra e l’Uomo avrà Sodoma, / e, lanciandosi da lontano uno sguardo irritato, / i due sessi moriranno ciascuno per conto suo”. Trovandomi in zona mi corre l’obbligo di ricordare che l’omosessualità non è oggetto del presente intervento perché, ammesso e non concesso che esistano terapie efficaci, non si può curare chi si considera sano (la famosa parola americana di tre lettere ha convinto i sodomiti di essere gai, positivi, progressivi, e proiettati verso magnifiche sorti). Mi pongo obiettivi più raggiungibili: pungolare gli svogliati, sospingerli verso la pienezza e la ricchezza della relazione naturale che è sempre una relazione complementare. Né col troppo uguale né col troppo diverso, quindi.
A proposito di eros extra-specifico, divertente è la pagina dedicata dal professor Arbasino, nei “Ritratti italiani”, a un nobiluomo dei tempi della Dolce Vita: “Narrava di avere avuto in dono un grosso cane, che indubbiamente dressé gli aveva puntato le zampe sulle spalle per usargli violenza. Così il giovane duca si avvicinò passo passo al bagno, mentre il cane esagerava, e quando riuscì a chiudere la porta chiamò il fattore, che venne a sparare alla bestia”. Divertente però porno-horror, da Dottor Stranamore più che da Dottor Amore. Non che le mie ricerche non traggano spunti dall’arrembante mondo animale. Su internet ho visto la pubblicità di un aggeggino, un diffusore di feromoni oggi ritenuti indispensabili per rassicurare i gatti anche se non si capisce perché dovrebbero essere rassicurati quei mangiawhiskas a tradimento, semmai a dover essere rassicurati sono i loro cosiddetti padroni, persone preoccupate di gatti menefreghisti, sfamanti animali che sono pronti a tradirli con più generosi fornitori di pranzetti a base di vitello e piselli, oppure trota ed erbe mediterranee. Così ho pensato che anche gli uomini, di cui nessuno davvero si preoccupa, abbisognano delle loro rassicurazioni, delle loro sensoriali soddisfazioni, quindi nei prossimi articoli distribuirò non feromoni (mi piacerebbe) ma consigli utili a feromoni produrre. Pedagogo della biochimica relazionale, istruirò circa la musica erotogena, il vestiario erotogeno, il profumo e il fumo erotogeni, le galanterie erotogene, senza dimenticare i ristoranti, gli alberghi, i mezzi di trasporto, i luoghi di vacanza erotogeni, e qualunque altro dettaglio possa fungere da sprone a quell’andare al dunque che è compimento del destino umano. Specie del destino umano estivo. (Primo di una serie di articoli).


L'origine del mondo. 

www.musee-orsay.fr

 Gustave Courbet  wikipedia


L'Origine du monde [L'Origine del mondo]


Il primo proprietario del quadro L'Origine del mondo, con ogni probabilità il committente stesso della tela, fu il diplomatico turco-egiziano Khalil-Bey (1831-1879). Personalità eccentrica della Parigi bene degli anni sessanta del XIX secolo, mette insieme, prima di essere rovinato dai debiti di gioco, un'effimera ma sorprendente collezione, dedicata alla celebrazione del corpo femminile. In seguito, si hanno poche notizie certe sulla sorte e sui proprietari del quadro. Fino al suo ingresso nelle collezioni del museo d'Orsay nel 1995, L'Origine del mondo, che faceva allora parte della raccolta dello psicanalista Jacques Lacan, rappresenta il paradosso di un'opera famosa ma poco vista.

Courbet non ha mai smesso di rivisitare il nudo femminile, talvolta con una vena piuttosto libertina. Tuttavia, in questo quadro, l'artista si abbandona ad un'audacia e a un realismo che conferiscono all'opera un grande potere seduttivo. La descrizione quasi anatomica di un organo genitale femminile non è attenuata da alcun artificio storico o letterario. Grazie al grande virtuosismo di Courbet, alla raffinatezza della gamma delle tonalità ambrate, L'Origine del mondo sfugge allo statuto d'immagine pornografica. La schiettezza e l'audacia di questo nuovo linguaggio non escludono un legame con la tradizione: difatti, la pennellata ampia e sensuale e il ricorso al colore ricordano la pittura veneziana. Del resto, lo stesso Courbet faceva appello a Tiziano e al Veronese, al Correggio e alla tradizione di una pittura carnale e lirica.

Questo quadro, finalmente esposto senza veli posti a coprire le parti intime, torna ad occupare il posto che gli spetta nella storia della pittura moderna. Tuttavia, esso continua a porre, in modo inquietante, il problema dello sguardo.

Gustave Courbet (1819-1877): Una biografia 

giovedì 10 luglio 2014

Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana... apocalisse.

Le Famiglie della Visitazione
famigliedellavisitazione.it

lectio APOCALISSE dal 28 aprile al 22 luglio


 Apocalisse 20,1-4a
20 1 E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell’Abisso e una grande catena. 2Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 3 lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po’ di tempo. 4Poi vidi alcuni troni – a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare – e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano.

COMMENTO DI 
Giovanni Nicolini

La questione che ha fatto molto pensare e proporre di questo brano sono i “mille anni”: per mille anni il diavolo è incatenato, “dopo i quali deve essere lasciato libero per un po’ di tempo” (ver.3). La strada di spiegazione più semplice che mi permetto di suggerire sottolineando che  non ne trovo riscontri nelle note delle bibbie e nei commenti, mi sembra riguardi l’interpretazione profonda del tempo che viviamo. Da una parte noi crediamo che la Pasqua di Gesù abbia veramente incatenato il satana, e che dunque non gli si deve concedere nessuno spazio nella vita nostra e di tutti. Tuttavia è essenziale per la vita cristiana la sapienza del tempo, e cioè la consapevolezza profonda del pericolo del male e dunque il ricordo e la vigilanza nei suoi confronti, l’umiltà della nostra vita e della nostra preghiera in ogni passaggio e frangente del nostro cammino. Il diavolo incatenato è la certezza che la salvezza è donata a tutti. Il fatto che “debba essere lasciato libero per un po’ di tempo” ci chiede la sapienza dell’umiltà e della vigilanza. L’umile confessione dei nostri peccati e la consapevolezza della nostra fragilità, insieme alla consapevolezza che mai abbiamo finito di convertirci, è elemento essenziale della nostra vita e della nostra interpretazione della storia. La vita di fede chiede di essere insieme lieta e trepidante. Piena di speranza e umilmente vigile. Quante volte ognuno di noi, e anche l’intera comunità cristiana, ha dovuto constatare e confessare di aver ceduto alla seduzione e al dominio del male per la nostra presunzione e per la nostra superficialità mondana.


A guidarci nella storia sono, secondo il ver.4 che non mi sembra ben tradotto in italiano, coloro che hanno subito e affrontato il martirio “a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio”, custodendosi nella bellezza della grazia ricevuta: non hanno “adorato la bestia e la sua statua e non hanno ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano”. Coloro che chiamiamo “i santi” sono le nostre guide che intercedono per noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. 

Tuo. Giovanni.

San Pio da Pietrelcina <> Il diavolo si "confessa" da padre Pio <> Padre Pio e la preghiera.



Il diavolo si "confessa" da padre Pio



"Una mattina mentre stavo confessando gli uomini mi si presenta un signore alto, snello, vestito con una certa raffinatezza e dai modi garbati, gentili. Inginocchiatosi questo sconosciuto incomincia a palesare i suoi peccati che erano di ogni genere contro Dio, contro il prossimo, contro la morale: tutti aberranti. Mi colpì una cosa.

Per tutte le accuse, anche dopo la mia riprensione, fatta adducendo come prova la parola di Dio, il magistero della Chiesa, la morale dei santi, questo enigmatico penitente controbatteva le mie parole giustificando, con estrema abilità e con ricercatissimo garbo, ogni genere di peccato, svuotandolo di qualsiasi malizia e cercando allo stesso tempo di rendere normali, naturali, umanamente indifferenti tutti gli atti peccaminosi. E questo non solo per i peccati che erano raccapriccianti contro Dio, Gesù, la Madonna, i Santi, che indicava con perifrasi irriverenti senza mai nominarli, ma anche per i peccati che erano moralmente tanto sporchi e rozzi da toccare il fondo della più stomachevole cloaca.

Le risposte, che questo enigmatico penitente dava di volta in volta alle mie argomentazioni, con abile sottigliezza e con ovattata malizia, mi impressionavano. Tra me e me, domandandomi, dicevo:"Chi è costui?" Da che mondo viene? Chi sarà mai?". E cercavo di fissarlo bene in volto per leggere eventualmente qualcosa tra le pieghe del suo viso; e allo stesso tempo aguzzavo le orecchie a ogni sua parola in modo che nessuna di esse mi sfggisse per soppesarle in tutta la loro portata.

A un certo momento, per una luce interiore vivida e fulgida percepii chiaramente chi era colui che mi stava dinanzi. E con tono deciso e imperioso gli dissi:"Di' viva Gesù, viva Maria". Appena pronunziati questi soavissimi e potentissimi nomi, satana sparisce all'istante in un guizzo di fuoco, lasciando dietro a sé un insopportabile irrespirabile fetore".

Padre Pio a padre Tarcisio da Cervinara.
Padre Pio nella mia vita un programma di Francesco Bosco

Il demonio  "lotta" con padre Pio (riflessione)





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Da Leggo e rifletto


Padre Pio e la preghiera - ( parla Padre G. Amorth)



Don Gabriele Amorth ci manda qualche ricordo dei 26 anni passati visitando Padre Pio.

«Su Padre Pio è rimasta famosa l'auto definizione che diede ad un giornalista: "Sono un povero frate che prega". 
Lo stavo a contemplare con la corona in mano; la chiamava la sua arma e scrisse al direttore spirituale che ne recitava almeno 5 intere ogni giorno; questo significa in termini di tempo, 5 ore al giorno dedicate al Rosario. Dormiva pochissimo e aveva una capacità di fare più cose contemporaneamente. 
Meditava i misteri; così soffriva visibilmente i dolori della Passione di Cristo, ma sentiva pure nella sua anima i dolori di Maria, che riteneva la più grande martire, vera Regina dei Martiri. 
Più avanzava in età e più il Padre sentiva la necessità di aumentare lo spazio da dare alla preghiera. Già alla fine degli anni '40 m'ero accorto che il tempo che dedicava alle confessioni era assai ridotto. 
Era lontana l'epoca in cui confessava anche 16 ore al giorno. 
Padre Michelangelo gli osservò un giorno: "Caro Padre non potresti confessare un po' più a lungo? Qui ci sono persone che vengono anche da molto lontano, dall'estero, e per potersi confessare da te debbono aspettare lunghi giorni". 
Ecco la risposta: "Caro Padre Michelangelo, credi che la gente venga qui per Padre Pio? La gente viene per sentirsi dire una parola del Signore. E se io non prego, che cosa do alla gente?".
Il bisogno della preghiera gli veniva anche suggerito dalla consapevolezza di essere indegno; si sentiva un grande peccatore, col rischio continuo, col terrore, di poter commettere un peccato e di poter perdere la fede. Perciò è sempre stato un grande mendicante di preghiere. Mi ero accorto che, se volevo vederlo illuminarsi di gioia, bastava che gli dicessi: "Padre, prego per lei". Ringraziava con effusione; pareva che volesse dire: "Finalmente uno che mi capisce!".
Sentiva moltissimo lo stimolo alla preghiera anche perché sentiva la necessità di santificarsi per santificare. Era una preoccupazione che cercava di infondere soprattutto nei sacerdoti. 
Ricordo bene quando mi confessai da lui, poco dopo la mia ordinazione sacerdotale. Quando gli confidai di essere un prete novello mi disse con forza: "Ricordati che un sacerdote deve essere un propiziatore. Guai se è lui ad aver bisogno di essere propiziato! Ricordatene bene"»


Il cuore buono è sempre forte; egli soffre, ma cela le sue lacrime e si consola sacrificandosi per il prossimo e per Dio (CE, 23).

Tratto da " Buona Giornata " - Edizioni Padre Pio da Pietrelcina



"Carissimi, di fronte all' ampiezza di orizzonti propria del ministero presbiterale non potete, non possiamo non sentirci tremare i polsi. 
Siamo, infatti, strutturalmente impari al dono ricevuto, alla missione che ci viene affidata, E' una sproporzione radicale e insuperabile, non semplicemente una nostra debolezza che, con un'ascesi paziente, possa essere rimossa.
Noi non siamo la luce, nè siamo in grado di produrla: possiamo solo rifletterla per offrirla a tutti. 'Noi infatti - ha poi aggiunto - siamo stati presi a servizio: come il sale, che non è per sé, ma per dar sapore ai cibi. E come la lampada, che non è per sé, ma per illuminare ciò che le sta intorno".

Card. Angelo Scola all'omelia della Messa di Ordinazione


“’Ma, padre, io ho letto su un giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa!’. ‘Eh sì, anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo?’. 
Ah, no! Questa non è notizia. 
Eh, quello di sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Oggi pensando a questa unzione di Davide, ci farà bene pensare ai nostri vescovi e ai nostri preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli e pregare per loro. Grazie a loro oggi noi siamo qui!”. 

Omelia Papa Francesco a santa Marta - 27.1.2014
   
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