http://www.reginamundi.info/ Cappella Virtuale

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San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo; che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli; e tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. AMEN. Clicca su S.Michele A .>>> e vai alla Cappella virtuale Reginamundi.info

lunedì 30 giugno 2014

Corriamo, corriamo...

Verso il salto

by Berlicche
Sto correndo veloce al limite della nebbia. La pietra per finire. Si avvicina sempre di più quel cielo da cui dicono che sono arrivata.
Non posso dire di ricordarmene. A me sembra di essere emersa in questo mondo, alla luce, da profondità senza fine. Dal buio. E, da subito, mi sono trovata circondata da sorelle.
Corriamo, corriamo. A volte più veloci, a volte più lente.
Una volta mi sono fermata a lungo in un posto tranquillo. Pensavo sarei rimasta lì per sempre, impegnata in pigre rivoluzioni tra l'aria e la terra. Finché mi sono trovata ancora a muovermi in direzione sconosciuta, verso una destinazione che non conosco.
Una corrente misteriosa governa il mio destino. Non ci posso fare niente. Mi trascina, gravità ineluttabile, oltre ogni mio sforzo o desiderio.
Ed ora il terreno sembra svanire da sotto di me. Si avvicina, sempre più rapido, un confine fatto di rombo impetuoso e vento, oltre il quale non riesco a vedere. Alcune mie sorelle sostengono che oltre il nulla ci aspetta, il completo oblio. La non esistenza.
Sciocco, attendere qualcosa di diverso.
Ma io non riesco a rassegnarmi. Sogno che cadrò, in cristallina sospensione, insieme con le mie compagne di viaggio. Cadrò verso qualcosa che ci attende e che non so dire, che non so vedere perché niente torna indietro da quella soglia.
Io immagino qualcosa di immenso, dove possa ritrovarmi con tutte le sorelle che ho perso durante questo viaggio. Forse un grembo accogliente oltre la mia esperienza e comprensione, che ci contenga tutte, qualcosa che non riesco a spiegare.
Non ho abbastanza parole. Perché sono quello che sono.
Una goccia che corre.
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Il demonio in Vaticano

 “Il caso 

Marcial Maciel Degollado


Il demonio in Vaticano

venerdì 27 giugno 2014

Quello di cui ci sarebbe proprio bisogno sono dei santi...

Gente come me e te

by Berlicche
Non ho bisogno di strateghi pastorali o di tattici dell'omelia. Non ho necessità di gente che svecchi la Chiesa o di guerriglieri della tradizione. Non sento la mancanza di chi vorrebbe insegnare al Papa e manda in castigo i fratelli.
Non vedo perché reiventare il Messale e riscrivere le litanie se il cuore è altrove. Non si possono raccogliere frutti da alberi che non ci sono.
Quello di cui ci sarebbe proprio bisogno sono dei santi. Che mi facciano vedere la grandezza della vita, la bellezza dell'amore, la forza dell'appartenenza. Gente che si lamenta poco, e fa.
E ne conosco, che lampeggiano per qualche attimo. Poi magari spariscono, nascosti dentro gente normale. 
 Gente come te e me.

venerdì 20 giugno 2014

Angeli e demoni  


angelo1
Nelle prediche di papa Francesco, accanto a riferimenti costanti alla Misericordia di Dio, non mancano quelli al demonio e all’Inferno. Anzi, non pochi osservatori si sono stupiti di quanto la figura di Satana compaia sovente nelle parole del pontefice, non come se si parlasse di un simbolo, bensì di una forza personale operante nella storia.Ma chi è il demonio?Anzitutto è bene ricordare che si tratta di un angelo, cioè di una creatura di Dio, di grande bellezza, ribellatasi al suo Creatore. Gli angeli, sostiene san Tommaso nella Quaestio 50 della prima parte della Summa, sono creature del tutto immateriali, puri spiriti senza materia, che, a differenza di Dio, ricevono l’essere,non lo possiedono originariamente, da sé (Thomas Tyn, Gli angeli in san Tommaso d’Aquino, Fede & Cultura, 2014). Dante li definisce “creati/ sì come sono, in loro essere intero”: in essi la materia non limita lo spirito, oppure, utilizzando un grande logico matematico che credeva nell’esistenza di intelligenze senza corpo, Kurt Godel, il cervello non limita, con la sua debolezza, la potenza e il “desiderio” della mente. Proprio sugli angeli, sul loro ruolo nella storia della Chiesa, dell’arte, della letteratura… è consigliabile un testo davvero completo e interessante, a cura di Saverio Gaeta e Marcello Stanzione, intitolato Inchiesta sugli angeli (Mondadori, 2014).Tra gli angeli, messaggeri di Dio, vi è dunque anche Lucifero, la cui colpa principale fu la superbia: quel peccato che oscura la capacità di vedere, di capire davvero. Anche tra gli uomini, le menti potenzialmente più brillanti ed acute possono raggiungere una straordinaria incapacità di comprensione, quando siano accecate proprio dall’orgoglio. Credo che si possa dire, in quest’ottica, che, come la superbia ottunde ed obnubila l’intelligenza, così l’umiltà l’acuisce e illumina. Di qui la frase di Gesù: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Dove piccoli non significa, appunto, sciocchi, corti, ma umili, cioè davvero capaci di comprensione.Cosa fa e cosa vuole il demonio? Ce lo racconta l’esorcista Sante Babolin nel suo L’esorcismo (Messaggero, 2014) e in una intervista al settimanale Tempi. Interpellato con la domanda: “Chi sei tu?”, il demonio ha risposto: “Sono nessuno. Ho perduto il mio nome”. Come a dire che egli è colui che, separandosi definitivamente dal Creatore, ha smarrito ogni sua ragione di essere, e persino se stesso. Ecco perché viene definito, nella tradizione, il Menzognero, l’Omicida, il Distruttore, il Divisore… Il demonio esiste, ma vorrebbe non esistere più; è figlio della creazione, ma vive per la distruzione, sua e del mondo intero. Vuole annichilire tutto ciò che nel mondo indica comunione, amore, cioè ciò che lui ha voluto negare. Per questo, aggiunge Babolin, il demonio vuole profanare e distruggere la famiglia e l’eucaristia: ciò che unisce gli uomini tra loro, e il sacramento che unisce l’uomo a Dio.demone-con-donna
Il demonio dunque, nella teologia cattolica, è un essere personale che agisce nella storia. Su quanto sia grande la sua potenza, si è sempre discusso: vi è chi la sopravvaluta, dimenticando che Satana non è un dio; e chi la sottovaluta, e riduce il demonio ad un simbolo. Nella predicazione il pendolo si muove spesso tra gli estremi. Ma si fa un pessimo servizio alla fede, sia quando lo si trasforma nel burattinaio onnipotente, riducendo l’uomo a una comparsa, sia quando si nega del tutto la sua azione. Si va così, nella storia della Chiesa, dall’Inquisizione che nel Seicento colpisce spesso gli esorcisti, rei di vedere il diavolo ovunque, favorendo una religiosità talora cupa e pessimista, alla Chiesa di anni più recenti, che emargina questi importanti ministri, tace l’azione del demonio, annullando così, implicitamente, il senso dell’Incarnazione e dei sacramenti. Il diavolo, diceva sant’Agostino, è un cane alla catena: morde chi gli si avvicina.Se c’è il diavolo, c’è anche l’inferno (chi ci sia dentro, la Chiesa, che ha il potere di identificare alcuni salvati, i santi, non lo sa e non può saperlo). Potrà sembrare strano, ma non si tratta di una “invenzione” della Chiesa. La quale, al contrario, ha “inventato” il Paradiso. Michelangelo Tàbet, in Inferno e dintorni (a cura di Serafino Lanzetta, Cantagalli, 2010), ricorda proprio come nel mondo pre-cristiano l’aldilà fosse visto per lo più come un luogo infero, sotterraneo, buio, infelice. L’Ade greco è a lungo solo un luogo oscuro, senza speranza e senza beatitudine; presso i popoli dell’Oriente “domina un concetto di giustizia divina descritto non di rado come forza arbitraria, capricciosa, desiderosa di vendetta”; tra i “babilonesi la vita del giusto nell’oltretomba non era per niente desiderabile: un cammino senza ritorno, una realtà priva di luce, dove l’alimento è polvere e fango”…Certo, qua e là emerge, più o meno confusa, la necessità di una sorte diversa per buoni e malvagi, ma mentre gli inferi sono ben caratterizzati in modo negativo, la condizione dei giusti ha ben poco a che vedere con quella beatitudine che, secondo il Nuovo Testamento, è stata preparata per i buoni da un Dio definito, da san Giovanni, come “Amore”. Il Foglio, 19/6/2014

dello stesso autore ...

Solo Amore e Luce ha per confine

paradiso

mercoledì 18 giugno 2014

Noi abitualmente (il demonio) ...non lo nominiamo

Peccato originale

di Paolo Curtaz



“Amavo un’altra, ora datemi il massimo della pena”. Leggo sui giornali la macabra storia del marito che, invaghito di una collega e non corrisposto, immagina nei suoi oscuri meandri mentali di tornare ad essere single per avere una qualche opportunità e, dopo averci fatto l’amore, sgozza la moglie, uccide nel sonno i due figli poi […]


IL BLOG del...  diavolo BERLICCHE!
berlicche.wordpress.com

  Altrui  


Il più grande peccato che possiamo fare è presumere che il peccato altrui non ci tocchi.

Il fiato del demonio e la nostra libertà


UN BELLISSIMO ARTICOLO TRATTO DAL QUOTIDIANO AVVENIRE.




Noi abitualmente (il demonio) non lo nominiamo; eppure lui lavora, tarla, disfa. Anche più forte, in un tempo che vuole ignorare il peccato, e che fa a meno del perdono di Dio.

di Marina Corradi

E al trentacinquesimo minuto, gol! Tutti esultano davanti allo schermo, in un pub nel Pavese. Un bel ragazzo bruno tifa e urla come gli altri. Ed è qui che ci troviamo sull’orlo di un abisso. Come poteva Carlo Lissi guardare la partita, mentre a casa la moglie e i suoi due bambini giacevano nel sangue? La vicenda di Motta Visconti toglie il fiato. Nello stesso giorno in cui viene fermato, ci assicurano, l’assassino di Yara Gambirasio. Se è vero, anche a Brembate a uccidere è stato un padre di famiglia, con tre figli coetanei di quella bambina trovata morta in un campo, dopo mesi.

È stato un padre, anche a Motta Visconti. E non nell’attimo di un raptus. C’è invece come il filo di una sostanza fredda, che percorre quest’ultima tragedia di provincia. Eppure Carlo Lissi – hanno raccontato i vicini – a Giulia, la figlia maggiore, 5 anni, voleva montare la piscinetta in giardino, e poche sere fa le insegnava a pattinare. E allora, chi, che cosa è stato?, ci chiediamo sgomenti. Perché fra esseri umani, normalmente, ci capiamo: possiamo arrivare a capire chi ruba, e perfino forse chi uccide, per vendetta, o per soldi. Ma uccidere due figli piccoli nel sonno, quando sono abbandonati e innocenti come agnelli, no, questo non riusciamo proprio a capirlo. Ci interroghiamo fra amici, fra colleghi: follia? Eppure perfino la scelta della sera della partita, con il suo baccano, sembra lucidamente pensata. E la finta rapina messa in scena? Ecco quel filo – freddo, calmo. Se non follia, allora che cosa? Ci mancano le parole, o forse non osiamo pronunciare quella che ci viene in mente. Il diavolo, probabilmente, dice infine qualcuno; con imbarazzo, perché di quella parola un po’ ci vergogniamo come fosse, il diavolo, una favola per bambini. Il diavolo, robabilmente, annuisce allora un altro; non sapendo, non potendo spiegare altrimenti quel gioire per l’Italia, con negli occhi la festa della morte, là a casa.

Il diavolo: ma non lo diciamo forse con sgomento, eppure con una punta di sollievo? Così come nei delitti nei paesi la reazione istintiva degli abitanti è affermare che è stato qualcuno che veniva da fuori, così anche fra noi l’evocare il diavolo potrebbe in qualche modo sgravare la tragedia della sua umana drammaticità. Perché insomma, se quel padre sabato scorso, o quell’altro, in una notte di novembre, avevano il diavolo nel cuore, non erano in quel momento proprio uomini come noi: erano portati via come rami in una piena, erano trascinati da qualcosa di più grande e terribile di loro. Ma quel demonio che Papa Francesco nomina spesso e apertamente, passa attraverso la libertà degli uomini. Ci deve essere un consenso al male, perché lo spazio per quel male nel cuore si faccia così largo, perché un disegno di morte si stabilisca nel petto – come in un nido. Il padre di Motta Visconti ha spiegato la sua ‘logica’: la moglie e i figli, ha detto, gli erano ormai d’ostacolo, innamorato come era di un’altra. Ostacolo, quei figli amati fino a non molto tempo fa. Che accecamento: i tuoi bambini, una all’asilo, l’altro che barcolla nei primi passi, «ostacolo». Qualcuno, certamente un nemico, nel tempo deve avere sussurrato, sobillato nel cuore di quell’uomo; e non ha trovato, a resistergli, né fedeltà né memoria. Il nemico soffiava e l’io in quell’uomo si gonfiava, egocentrico, fino a sommergere e annichilire tutto, attorno a sé. Come, forse, è accaduto quella sera del 2010 nella Bergamasca. Quando un padre di famiglia non ha visto, in una bambina di 13 anni, una figlia uguale ai figli suoi, ma solo una inerme povera preda.

Nel suo penultimo Angelus Benedetto XVI ci aveva parlato, come in un monito, proprio di questa eterna sfida, e del continuo dover scegliere, gli uomini, fra l’io, e Dio. In una tragedia come quella di Motta Visconti si vede di cosa può essere capace, se lo si asseconda, il nemico. Noi abitualmente non lo nominiamo; eppure lui lavora, tarla, disfa. Anche più forte, in un tempo che vuole ignorare il peccato, e che fa a meno del perdono di Dio.
Quando fu, dunque, l’attimo in cui quel padre di tre figli si incapricciò di Yara, una bambina? E quando, quanto tempo fa è stato, in una villetta del Pavese, l’istante in cui una moglie e due figli, d’improvviso, sono apparsi «ostacolo»? L’attimo della scelta, magari in una sera come tante, è con la sua vertigine ciò che più dovrebbe spaventarci. La frazione di secondo in cui un uomo spalanca il cuore all’antico nemico. Poi, il resto, è assurdo come l’incubo di un ubriaco. Tre anni e mezzo di vita con una maschera in volto, il lavoro, le tasse, le vacanze, per l’assassino di Yara; oppure, come l’altra notte a Motta Visconti, il giovane padre che gridava ai gol dell’Italia come se niente fosse veramente accaduto.

http://www.avvenire.it/

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sullastradadiemmaus.it/il-guado-di-yabbok

«Oggi, noi chiamiamo amore l'unione di due solitudini: ognuno vive il suo sogno con proprie sensazioni e propri colori e vi trasporta l'immagine dell'altro. La relazione di due individualità così distinte non è una relazione propriamente detta, essa è costantemente minacciata dal pericolo della fusione. Chi vuole diventare "padrone dell'altro" arriva alla "negazione dell'altro" o peggio al "cannibalismo". L'egoismo della passione impedisce di riconoscere nel partner un essere altro e il risultato è una sempre maggiore spinta alla separazione della coppia. Non sempre la crisi o la rottura costituiscono un'eventualità negativa, spesso, infatti, è proprio quello il momento del riconoscimento dell'esistenza dell'altro e della possibilità dell'inizio di una relazione sana» (Marc Augé, antropologo - sintesi)

VincoloDiMandato

>>> Leggi tutto... Amore e Distruzione 

Scritto da Maddalena Negri 



lunedì 16 giugno 2014

Per cosa si batte un satanista oggi? «Per la sovranità personale e la giustizia»

LGBTQ E SATANA, QUELL'ATTRAZIONE FATALE


Red Snake and REd Apple

Per cosa si batte un satanista oggi?

 «Per la sovranità personale e la giustizia» 

(ovvero «diritti gay» e aborto libero)

Giugno 12, 2014 Benedetta Frigerio
Parola di Lucien Greaves, portavoce della setta che ha ottenuto di costruire la statua di Satana davanti al Parlamento dell’Oklahoma e ha organizzato la messa nera nei locali del campus di Harvard

di Benedetta Frigerio
Niente sedute spiritiche, nessuno pazzo indemoniato né omicidi rituali. Non c’è nulla di tutto questo nell’intervista concessa qualche giorno fa al quotidiano di Detroit Metro Times dal portavoce del gruppo satanista più chiacchierato degli Stati Uniti, “The Satanic Temple”. Anzi, Lucien Greaves si presenta il suo movimento come un club di brave persone impegnate a diffondere tra la gente «benevolenza», «empatia» «buon senso pratico e giustizia» e a guidare le coscienze al perseguimento di «obiettivi nobili». Quali? Per esempio «i diritti gay» e l’aborto libero.
IL SATANISTA MODERNO. Nato a Detroit con il nome di Doug Mesner, il portavoce della setta spiega al giornale della sua città di essersi avvicinato agli adoratori del diavolo quasi per reazione al «panico» che si respirava negli anni Ottanta, quando la gente immaginava i satanisti come «orde vaganti» di «un’enorme setta criminale omicida» e «i gruppi ecclesiali cercavano di vietare l’heavy metal e Dungeons & Dragons». Secondo Greaves fu «di fatto una caccia alla streghe» alimentata da «bugie». Proprio «quelle bugie hanno contribuito a creare i satanisti di oggi». Che magari hanno l’aria insospettabile e sono laureati nelle università americane più prestigiose, come lo stesso Greaves. E magari sono capaci di strappare vittorie un tempo inimmaginabili. Il gruppo rappresentato da Greaves, The Satanic Temple, per esempio, recentemente ha ottenuto – sfruttando la confusione che esiste intorno al concetto di libertà religiosa – il permesso di costruire una statua di Satana davanti al parlamento dell’Oklahoma, ed è riuscito a organizzare una messa nera all’interno del campus di Harvard, facendola passare per «una performance a scopo educativo».

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L’ETERNO RIBELLE. Ma cosa ci trova di affascinante nel Maligno, uno come Greaves? Il diavolo, spiega lui a Metro Times, «simboleggia l’eterno ribelle, l’opposizione all’autorità arbitraria, e difende la sovranità personale, anche di fronte a disuguaglianze insormontabili». Quanto ai suoi adepti, rivela Greaves, «noi abbracciamo la ricerca razionale purificata dal soprannaturalismo e dalle superstizioni arcaiche fondate sulla tradizione. Lavoriamo attivamente per affinare il nostro pensiero critico ed esercitare l’agnosticismo ragionevole in ogni cosa».

I DIRITTI GAY. Per The Satanic Temple gli unici comandamenti da seguire riguardano le campagne secolariste. Innanzitutto quella per i «diritti gay», definita da Greaves «una delle cose che ci stanno più a cuore». Su questo fronte, annuncia l’esponente satanista, «c’è stato un grande progresso, ma resta ancora molto da fare». A cominciare proprio dal Michigan, dove il governatore repubblicano Rick Snyder ancora si oppone al matrimonio gay: «Ci piacerebbe insegnare a Snyder cos’è la Costituzione (…) celebrando un matrimonio gay in Michigan. Per noi il matrimonio è un sacramento. Lo riconosciamo e pensiamo che lo Stato debba riconoscere il matrimonio sulla base della libertà religiosa. Chiunque voglia farlo può alzare la mano e avrà il suo matrimonio celebrato da Lucien Graves. Non vediamo l’ora di diffonderci in Michigan sulla questione dei diritti gay, per portarlo nel ventunesimo secolo».
LA DIFESA DELLE DONNE. Il portavoce di The Satanic Temple dice di aver ricevuto tante minacce di morte da essersi stufato. «Quando le persone usano il mio nome (…) è implicito che si tratti di una minaccia». Anche lui tuttavia si congeda dal giornalista di Metro Times rivolgendo una specie di minaccia ai lettori di Detroit: «Dì loro che tornerò. Che Detroit tornerà indietro. E cose terribili accadranno. So che il governatore è un idiota. Ma faremo di più per la giustizia sociale (…). So anche che Snyder ha cercato di rendere insostenibile per le donne terminare una gravidanza: noi sentiamo di dover proteggere le donne da procedure superflue come l’ecografia (pratica che in diversi stati americani molti politici pro-life stanno cercando di rendere obbligatoria prima di ogni aborto, ndr)», naturalmente «con esenzione religiosa».
Tempi

Essere forti non è mai l’unica scelta possibile

DI COSTANZA MIRIANO

fight-club
Qualche giorno fa mi è capitato di leggere una citazione da Fight Club, di Chuk Palahniuk: «Non sai mai quanto sei forte finché essere forte è l’unica scelta che hai». Effettivamente. Io mi autorappresento come una specie di impavida eroina, ma se c’è l’uscita di emergenza la infilo con disinvoltura.
Poi ci sono situazioni in cui non si può sfuggire, non si può infilare un’uscita d’emergenza: un figlio malato, il lavoro che manca, una mamma che muore, i nostri difetti, le debolezze che proprio non riescono a essere vinte. Bisogna stare lì, consistere. È lì che si vede di che stoffa siamo fatti.
Be’, io sono fatta di una stoffetta da due soldi, personalmente. Già lo so, e sinceramente mi eviterei la prova. La cosa bella è che noi cristiani lo possiamo dire serenamente: siamo di una stoffa debole, tutta rattoppata, che al primo attrito cede. Noi non siamo affatto meglio degli altri, di nessuno proprio. Solo, noi abbiamo una possibilità. Per noi non è come per quelli del Fight club, per noi essere forti non è mai l’unica scelta possibile. Noi possiamo sempre alzare lo sguardo e chiedere aiuto, guardare la nostra debolezza, riconoscerla, e chiedere a Gesù di prenderla su di sé.
D’altra parte, lui è quello che va ad aprire il sepolcro di Lazzaro e a tirarlo fuori dalla morte. Marta e Maria lo rimproverano, ma se il loro fratello, il caro amico del Signore, fosse stato vivo, lui non avrebbe fatto vedere la sua potenza. Ecco, credo che con noi voglia fare lo stesso: permette che moriamo, che facciamo vedere, prima di tutto a noi stessi, tutta la nostra debolezza, per tirarci fuori dalla morte. Questa prima di tutto è la buona notizia del tempo di Pasqua: non siamo mai noi che ci salviamo da soli, non siamo noi che dobbiamo essere forti, non siamo noi che ci tiriamo fuori dal sepolcro della nostra debolezza, del peccato, dei difetti. È un Altro. Essere forti per noi  non è mai l’unica scelta. Si può sempre essere deboli.
fonte: Credere 

mercoledì 4 giugno 2014

La Pelle di pecora



Pelle di pecora

by Berlicche
Dario il Lupo si sentiva molto furbo. Il piano stava funzionando.

Certo, la pelle di pecora teneva caldo. il che poteva essere anche un bene, dato il clima là fuori. Freddo, neve. E fame. Di tutti gli altri lupi del branco, e una volta si era proprio in tanti, ne restavano ben pochini. Chissà cosa ne era stato di Fausto, Sergio, Giorgio...bestie in gamba, di quelle abituate a combattere a muso duro. Ma sempre più magri, smunti, delusi. Era un pezzo che non li vedeva. Uno per uno erano spariti, la loro tana vuota e desolata.
Dario non pensava fossero i cacciatori. Siamo una specie protetta, per fortuna, si era detto tante volte. Che ci provassero a fare di noi un trofeo. Ma anche così la vita era dura, troppo dura. Non c'era da meravigliarsi se anche i migliori uno dopo l'altro se ne erano andati.
Alla fine di era dovuto arrendere all'evidenza: fare il predatore non conveniva più. Non andava. Non si sbarcava il lunario, neanche in pochi. Tutti volevano fare i capibranco, e il risultato era che si finiva a fare tutti quanti i lupi solitari. Ma le vecchie tecniche di caccia non reggevano nel mondo moderno. Si finiva a bocca asciutta. Si faceva la fame.
Era tempo di una nuova tecnica.
Mischiarsi al gregge, confondersi con le pecore. La pelle di pecora era un ottimo travestimento, visto non troppo da vicino. Bastava stare distante dai veri ovini. Fino al momento del pasto, almeno. Poi, colpire. Nell'ombra. Nessun inseguimento, solo un po' di prudenza. L'inseguimento lo fai quando hai le gambe giovani, ma le estati passano e le giunture invecchiano .Con questo sistema, Dario non avrebbe sofferto la fame mai più.
Se il pastore non lo scopriva, ovviamente.
Era quello il momento più rischioso. Mescolarsi alle pecore era il meno. Anzi, se facevi finta di esserti perso, il pastore ti veniva persino a cercare.
Era nell'ingresso all'ovile, il pericolo.
Dario stava a testa bassa, cercando di stare il più possibile in mezzo al resto del gregge. Le pecore amano seguirsi l'una con l'altra. Sono stupide, pensò Dario, ma ciò è esattamente quello che adesso mi serve.
Il pastore stava sulla porta, e discuteva con un altro umano. Meglio, così sarebbe stato distratto. Drizzò le orecchie. L'altro uomo parlava a voce alta, iroso. Cosa stava dicendo?
"...una a una, dovresti controllarle una ad una. E se si infila in mezzo un lupo? Puoi perdere tutto il gregge in una notte, sai?"
Dario improvvisamente sentì il suo travestimento farsi più caldo. Lo stavano per scoprire? Avrebbe venduto cara la pelle, la sua pelle! Si tese, pronto alla fuga.
Ma l'altro pastore, il suo pastore, scosse la testa. "Penso che tu stia esagerando. Non vedo la necessità di farlo..."
Uff, si disse Dario rilasciando un sospiro di sollievo. C'è mancato poco. Passò a pochi metri dai due. Nessuno gli diede più di un'occhiata. Era dentro, ce l'aveva fatta.
Adesso, la cena.
Tutto stava a trovare il momento e il luogo giusto. L'ovile era enorme, zeppo di pecore. Doveva isolarrne una e poi...
---poi, come fare a fuggire?
Calma, si disse Dario. Studiamo la situazione. Poi agiremo.
Nel frattempo, il pastore aveva abbandonato la discussione e stava riempiendo le greppie con una sorta di pastone. Blah, si disse Dario. Pasto da erbivori. Che schifo.
Il guaio era che le pecore si stavano dirigendo tutte là. Se non voleva dare nell'occhio doveva adeguarsi. Fare finta,e poi zac!
Si ritrovò davanti alla mangiatoia. Tutt'intorno le sue consorelle (consorelle?) pasteggiavano con appetito. Dario annusò cautamente. A naso, non sembrava erba. Il suo stomaco gorgogliò, facendogli ricordare da quanto tempo non mangiasse. Fuori aveva dovuto accontentarsi di rifiuti ben più di una volta. Almeno questo puzzava molto meno.
Assaggiò cautamente.
Non era neanche così male, come gusto. Al quarto boccone abbandonò il ritegno e si mise ad ingoiare quanto gli stava innanzi. Non era carne d'agnello, ma era gratis ed era tanta.
Un quarto d'ora dopo si allontanò con lo stomaco gonfio e soddisfatto. Non aveva più il bisogno immediato di capire come fare a uccidere senza essere scoperto. Adesso poteva guardarsi attorno con calma, scegliere la sua preda, isolarla e poi colpire. Senza fretta, con prudenza. Il piano stava riuscendo proprio bene.
Si mise in un angolo, al coperto. Puzza di pecora, ma che ci volete fare. Era al riparo dal vento rigido, sazio, riposato. Meglio di quanto si sentisse da anni. Che goduria.
Si addormentò.
Nella settimana seguente si impratichì dei ritmi dell'ovile, sembre badando a stare lontano dalle altre pecore. Alla sbobba ci aveva quasi preso gusto. Il pastore era sempre distratto. Aveva tutto il tempo del mondo.
Troppo tempo. Con un sussulto Dario si rese conto che da giorni non studiava più i movimenti delle sue future vittime. Si stava forse rammollendo? Accidenti era un lupo, un lupo! E doveva ragionare da lupo!
Devo scuotermi, si disse, o sarà tardi. Questa pelle che indosso diventerà la mia pelle. Devo individuare una preda, e divorarla, adesso. So che ci posso riuscire.
Ecco, quella pecora un po'discosto dalle altre. La sospingerò dietro quell'angolo, la azzannerò alla gola e in un momento sarà tutto finito. Nessuno si accorgerà di niente, se sono rapido.
Lentamente, per non spaventarla,  si accostò alla sua vitima prescelta. Senza parere, cominciò a sospingerla verso il retro dell'ovile. Dieci passi, cinque passi...
"Ehi, che fai, spingi?" ringhiò la pecora.
Dario sbattè gli occhi. Quella voce...
"Fausto? Sei tu, Fausto?"
Da sotto la pelle della pecora che stava davanti spuntò un muso grigio ed affilato. "Dario? Anche tu qui?"
Per un pelo Dario non si mise ad ululare. Il vecchio Fausto! Ecco dove era sparito! Si appartarono dietro l'angolo dove Dario aveva pensato di sgozzare la sua preda.
"Ma non ci posso credere, Fausto! E io che ti davo per morto! Ma da quanto sei qui?"
"Oh, sarà quasi un anno."
"Un anno! Ma è tantissimo!"
"Oh, questo è niente. Sergio sono quasi tre anni."
Dario strabuzzò gli occhi. "Tre anni?"
"Ed è ancora niente. Il vecchio Giuseppe, te lo ricordi? Era capobranco ai tempi dei nostri padri. E' almeno dieci anni che sta qui dentro."
Dario dovette sedersi. Dieci anni! E lui che pensava di avere trovato un espediente furbo e originale.
"Ma...come fate con tutte le pecore che mangiate? Il pastore dovrà pur accorgersi che..."
La sua voce si spense. Fausto aveva abbassato la testa. Era tutto fin troppo chiaro.
"Non mangiate nessuna pecora, vero? Avete rinunciato."
Il silenzio era una conferma.
"Si sta bene, qui, Dario. Come non avevamo mai pensato che si potesse stare quando eravamo là fuori a sbranarci per un topolino. Qui si vive tutti in pace."
"Ma l'essere lupo..."
"E cosa vuol dire essere lupo? Uccidere? Soffrire? C'è di meglio. Molto di meglio. Abbiamo messo su famiglia..."
"Con le pecore???"
"Macché, qui ci sono anche lupacchiotte, cosa credevi? In effetti a volte ho l'impressione che di pecore originali ce ne siano ben poche."
"Ma...il pastore non si accorge di niente?"
"Pensavo fosse stupido, ma non è così. Un giorno l'ho visto che guardava dritto verso di me. E ho capito. Lui sa. E gli sta bene così. Magari non diamo la lana, ma per lui è meglio nutrirci che combatterci."
Dario si sentiva girare la testa. "E così...la nostra sorte, quella dei lupi più intelligenti, è lasciare gli stupidi fuori agli stenti e noi qui, a far parte del gregge?"
Fausto ghignò. "A dire il vero, c'è altro. Te lo ricordi Fulvio, il capobranco?"
Dario annuì. "Certo. Non mi dirai che anche lui è qui?"
"Non proprio. Lui adesso fa il cane da pastore..."

in Te mi riifugio ...


In Te mi rifugio!
Riflessioni sulla vita e sulla fede… in punta di mouse
raggiungere+un+obbiettivo

NON CONCENTRARTI SULL’ERRORE; TROVA IL RIMEDIO!

opportunita
“Ragazzi, secondo voi si può trasformare una difficoltà in opportunità? Cosa occorre per superare un problema?”

Gli sguardi silenziosi dei miei studenti erano chiari: non volevano rischiare di dare risposte ovvie.
“Perché non raccontate ciò che è capitato a voi o a qualcuno della vostra famiglia?”
E un giorno Silvia ha detto: “Prof, all’inizio pensavo di non aver nulla di interessante da raccontare. La mia famiglia mi sembrava così normale e la mia vita così banale. Poi una mattina è stato come vedere mia sorella per la prima volta! La osservavo e pensavo tra me e me -Ma come ho fatto a non pensarci prima?-”Continue reading 

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Non so perché alla fine ho deciso di scriverti: questa è la storia di una ragazza solare, che era sempre sorridente anche nei momenti bui.
Poi arrivò il momento di partire dalla sua amatissima terra, lasciare tutto e tutti per andare ad abbracciare la sua croce.
La ragazza, che allora era poco più che una bambina, partì. Salutò amici, parenti e terra natia. Pianse tutto il dolore che aveva dentro; ben cinque ore di pianto!
L’indomani ebbe inizio la sua nuova vita, quella vita che lei non voleva e che temeva. Ebbe inizio con derisioni e beffe.. Lei cominciava a cadere sempre più spesso vittima del panico e dell’ansia e visse molti giorni tra ospedali e medici.
Poi un giorno, dopo diversi anni, alzò lo sguardo verso il suo sole che sempre l’aveva guidata e mai l’aveva abbandonata. Ritrovò il suo sorriso e asciugò le lacrime. Si era imposta di smetterla di soffrire convincendosi che avrebbe potuto farcela anche in questo nuovo posto.
Ma doveva fare i conti con la sua routine: i suoi genitori da tempo litigavano, si odiavano, urlavano e sbattendosi le porte in faccia, mentre lei sorreggeva le sue piccole sorelline che vacillavano, perse in quel caos. Continue reading 

Mafalda
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Prof, sono tornata da Perugia apposta per vedere lo spettacolo con Chiara Amirante: una grande donna!
E’ stato così che mi è venuta voglia di scriverle, ma lei mi deve rispondere sinceramente!
E’possibile non riuscire a guardarsi allo specchio perchè il tuo corpo ti sembra orrendo? Non perche tu non ti piaccia, ma semplicemente perche tutta la gente che ti sta intorno pensa che tu sia un uomo.
Forse perche un po’, sin da bambina, tuo padre voleva che tu fossi maschio e quando sei cresciuta ti ha fatto fare lavori “maschili” con lui che, crescendo, ti hanno dato la struttura e la muscolatura di un uomo…
Forse perche non faccio proprio lo sport più comune e femminile di questo mondo…
Forse perchè a me non è mai piaciuto più di tanto fare la civetta ricoglionita che al posto di pensare con la testa, ha sempre e solo al centro dei propri pensieri la tattica più efficace per attirare un ragazzo…
Non lo so perché, però io non riesco a stare bene con me stessa; ma non perche non mi piaccio, ma solo perche la gente mi vede all’opposto di quello che sono!
E quando arrivano a dirti “qualsiasi maschio sarebbe più femminile di te”, beh, a quel punto l autostima cade a pezzi.
Scusi prof se le ho scritto, è stata una cosa d impulso. Lo so che ha tanto da fare e non la volevo disturbare mi perdoni. Arrivederci.