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lunedì 16 giugno 2014

Per cosa si batte un satanista oggi? «Per la sovranità personale e la giustizia»

LGBTQ E SATANA, QUELL'ATTRAZIONE FATALE


Red Snake and REd Apple

Per cosa si batte un satanista oggi?

 «Per la sovranità personale e la giustizia» 

(ovvero «diritti gay» e aborto libero)

Giugno 12, 2014 Benedetta Frigerio
Parola di Lucien Greaves, portavoce della setta che ha ottenuto di costruire la statua di Satana davanti al Parlamento dell’Oklahoma e ha organizzato la messa nera nei locali del campus di Harvard

di Benedetta Frigerio
Niente sedute spiritiche, nessuno pazzo indemoniato né omicidi rituali. Non c’è nulla di tutto questo nell’intervista concessa qualche giorno fa al quotidiano di Detroit Metro Times dal portavoce del gruppo satanista più chiacchierato degli Stati Uniti, “The Satanic Temple”. Anzi, Lucien Greaves si presenta il suo movimento come un club di brave persone impegnate a diffondere tra la gente «benevolenza», «empatia» «buon senso pratico e giustizia» e a guidare le coscienze al perseguimento di «obiettivi nobili». Quali? Per esempio «i diritti gay» e l’aborto libero.
IL SATANISTA MODERNO. Nato a Detroit con il nome di Doug Mesner, il portavoce della setta spiega al giornale della sua città di essersi avvicinato agli adoratori del diavolo quasi per reazione al «panico» che si respirava negli anni Ottanta, quando la gente immaginava i satanisti come «orde vaganti» di «un’enorme setta criminale omicida» e «i gruppi ecclesiali cercavano di vietare l’heavy metal e Dungeons & Dragons». Secondo Greaves fu «di fatto una caccia alla streghe» alimentata da «bugie». Proprio «quelle bugie hanno contribuito a creare i satanisti di oggi». Che magari hanno l’aria insospettabile e sono laureati nelle università americane più prestigiose, come lo stesso Greaves. E magari sono capaci di strappare vittorie un tempo inimmaginabili. Il gruppo rappresentato da Greaves, The Satanic Temple, per esempio, recentemente ha ottenuto – sfruttando la confusione che esiste intorno al concetto di libertà religiosa – il permesso di costruire una statua di Satana davanti al parlamento dell’Oklahoma, ed è riuscito a organizzare una messa nera all’interno del campus di Harvard, facendola passare per «una performance a scopo educativo».

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L’ETERNO RIBELLE. Ma cosa ci trova di affascinante nel Maligno, uno come Greaves? Il diavolo, spiega lui a Metro Times, «simboleggia l’eterno ribelle, l’opposizione all’autorità arbitraria, e difende la sovranità personale, anche di fronte a disuguaglianze insormontabili». Quanto ai suoi adepti, rivela Greaves, «noi abbracciamo la ricerca razionale purificata dal soprannaturalismo e dalle superstizioni arcaiche fondate sulla tradizione. Lavoriamo attivamente per affinare il nostro pensiero critico ed esercitare l’agnosticismo ragionevole in ogni cosa».

I DIRITTI GAY. Per The Satanic Temple gli unici comandamenti da seguire riguardano le campagne secolariste. Innanzitutto quella per i «diritti gay», definita da Greaves «una delle cose che ci stanno più a cuore». Su questo fronte, annuncia l’esponente satanista, «c’è stato un grande progresso, ma resta ancora molto da fare». A cominciare proprio dal Michigan, dove il governatore repubblicano Rick Snyder ancora si oppone al matrimonio gay: «Ci piacerebbe insegnare a Snyder cos’è la Costituzione (…) celebrando un matrimonio gay in Michigan. Per noi il matrimonio è un sacramento. Lo riconosciamo e pensiamo che lo Stato debba riconoscere il matrimonio sulla base della libertà religiosa. Chiunque voglia farlo può alzare la mano e avrà il suo matrimonio celebrato da Lucien Graves. Non vediamo l’ora di diffonderci in Michigan sulla questione dei diritti gay, per portarlo nel ventunesimo secolo».
LA DIFESA DELLE DONNE. Il portavoce di The Satanic Temple dice di aver ricevuto tante minacce di morte da essersi stufato. «Quando le persone usano il mio nome (…) è implicito che si tratti di una minaccia». Anche lui tuttavia si congeda dal giornalista di Metro Times rivolgendo una specie di minaccia ai lettori di Detroit: «Dì loro che tornerò. Che Detroit tornerà indietro. E cose terribili accadranno. So che il governatore è un idiota. Ma faremo di più per la giustizia sociale (…). So anche che Snyder ha cercato di rendere insostenibile per le donne terminare una gravidanza: noi sentiamo di dover proteggere le donne da procedure superflue come l’ecografia (pratica che in diversi stati americani molti politici pro-life stanno cercando di rendere obbligatoria prima di ogni aborto, ndr)», naturalmente «con esenzione religiosa».
Tempi

Essere forti non è mai l’unica scelta possibile

DI COSTANZA MIRIANO

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Qualche giorno fa mi è capitato di leggere una citazione da Fight Club, di Chuk Palahniuk: «Non sai mai quanto sei forte finché essere forte è l’unica scelta che hai». Effettivamente. Io mi autorappresento come una specie di impavida eroina, ma se c’è l’uscita di emergenza la infilo con disinvoltura.
Poi ci sono situazioni in cui non si può sfuggire, non si può infilare un’uscita d’emergenza: un figlio malato, il lavoro che manca, una mamma che muore, i nostri difetti, le debolezze che proprio non riescono a essere vinte. Bisogna stare lì, consistere. È lì che si vede di che stoffa siamo fatti.
Be’, io sono fatta di una stoffetta da due soldi, personalmente. Già lo so, e sinceramente mi eviterei la prova. La cosa bella è che noi cristiani lo possiamo dire serenamente: siamo di una stoffa debole, tutta rattoppata, che al primo attrito cede. Noi non siamo affatto meglio degli altri, di nessuno proprio. Solo, noi abbiamo una possibilità. Per noi non è come per quelli del Fight club, per noi essere forti non è mai l’unica scelta possibile. Noi possiamo sempre alzare lo sguardo e chiedere aiuto, guardare la nostra debolezza, riconoscerla, e chiedere a Gesù di prenderla su di sé.
D’altra parte, lui è quello che va ad aprire il sepolcro di Lazzaro e a tirarlo fuori dalla morte. Marta e Maria lo rimproverano, ma se il loro fratello, il caro amico del Signore, fosse stato vivo, lui non avrebbe fatto vedere la sua potenza. Ecco, credo che con noi voglia fare lo stesso: permette che moriamo, che facciamo vedere, prima di tutto a noi stessi, tutta la nostra debolezza, per tirarci fuori dalla morte. Questa prima di tutto è la buona notizia del tempo di Pasqua: non siamo mai noi che ci salviamo da soli, non siamo noi che dobbiamo essere forti, non siamo noi che ci tiriamo fuori dal sepolcro della nostra debolezza, del peccato, dei difetti. È un Altro. Essere forti per noi  non è mai l’unica scelta. Si può sempre essere deboli.
fonte: Credere 

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