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mercoledì 4 giugno 2014

La Pelle di pecora



Pelle di pecora

by Berlicche
Dario il Lupo si sentiva molto furbo. Il piano stava funzionando.

Certo, la pelle di pecora teneva caldo. il che poteva essere anche un bene, dato il clima là fuori. Freddo, neve. E fame. Di tutti gli altri lupi del branco, e una volta si era proprio in tanti, ne restavano ben pochini. Chissà cosa ne era stato di Fausto, Sergio, Giorgio...bestie in gamba, di quelle abituate a combattere a muso duro. Ma sempre più magri, smunti, delusi. Era un pezzo che non li vedeva. Uno per uno erano spariti, la loro tana vuota e desolata.
Dario non pensava fossero i cacciatori. Siamo una specie protetta, per fortuna, si era detto tante volte. Che ci provassero a fare di noi un trofeo. Ma anche così la vita era dura, troppo dura. Non c'era da meravigliarsi se anche i migliori uno dopo l'altro se ne erano andati.
Alla fine di era dovuto arrendere all'evidenza: fare il predatore non conveniva più. Non andava. Non si sbarcava il lunario, neanche in pochi. Tutti volevano fare i capibranco, e il risultato era che si finiva a fare tutti quanti i lupi solitari. Ma le vecchie tecniche di caccia non reggevano nel mondo moderno. Si finiva a bocca asciutta. Si faceva la fame.
Era tempo di una nuova tecnica.
Mischiarsi al gregge, confondersi con le pecore. La pelle di pecora era un ottimo travestimento, visto non troppo da vicino. Bastava stare distante dai veri ovini. Fino al momento del pasto, almeno. Poi, colpire. Nell'ombra. Nessun inseguimento, solo un po' di prudenza. L'inseguimento lo fai quando hai le gambe giovani, ma le estati passano e le giunture invecchiano .Con questo sistema, Dario non avrebbe sofferto la fame mai più.
Se il pastore non lo scopriva, ovviamente.
Era quello il momento più rischioso. Mescolarsi alle pecore era il meno. Anzi, se facevi finta di esserti perso, il pastore ti veniva persino a cercare.
Era nell'ingresso all'ovile, il pericolo.
Dario stava a testa bassa, cercando di stare il più possibile in mezzo al resto del gregge. Le pecore amano seguirsi l'una con l'altra. Sono stupide, pensò Dario, ma ciò è esattamente quello che adesso mi serve.
Il pastore stava sulla porta, e discuteva con un altro umano. Meglio, così sarebbe stato distratto. Drizzò le orecchie. L'altro uomo parlava a voce alta, iroso. Cosa stava dicendo?
"...una a una, dovresti controllarle una ad una. E se si infila in mezzo un lupo? Puoi perdere tutto il gregge in una notte, sai?"
Dario improvvisamente sentì il suo travestimento farsi più caldo. Lo stavano per scoprire? Avrebbe venduto cara la pelle, la sua pelle! Si tese, pronto alla fuga.
Ma l'altro pastore, il suo pastore, scosse la testa. "Penso che tu stia esagerando. Non vedo la necessità di farlo..."
Uff, si disse Dario rilasciando un sospiro di sollievo. C'è mancato poco. Passò a pochi metri dai due. Nessuno gli diede più di un'occhiata. Era dentro, ce l'aveva fatta.
Adesso, la cena.
Tutto stava a trovare il momento e il luogo giusto. L'ovile era enorme, zeppo di pecore. Doveva isolarrne una e poi...
---poi, come fare a fuggire?
Calma, si disse Dario. Studiamo la situazione. Poi agiremo.
Nel frattempo, il pastore aveva abbandonato la discussione e stava riempiendo le greppie con una sorta di pastone. Blah, si disse Dario. Pasto da erbivori. Che schifo.
Il guaio era che le pecore si stavano dirigendo tutte là. Se non voleva dare nell'occhio doveva adeguarsi. Fare finta,e poi zac!
Si ritrovò davanti alla mangiatoia. Tutt'intorno le sue consorelle (consorelle?) pasteggiavano con appetito. Dario annusò cautamente. A naso, non sembrava erba. Il suo stomaco gorgogliò, facendogli ricordare da quanto tempo non mangiasse. Fuori aveva dovuto accontentarsi di rifiuti ben più di una volta. Almeno questo puzzava molto meno.
Assaggiò cautamente.
Non era neanche così male, come gusto. Al quarto boccone abbandonò il ritegno e si mise ad ingoiare quanto gli stava innanzi. Non era carne d'agnello, ma era gratis ed era tanta.
Un quarto d'ora dopo si allontanò con lo stomaco gonfio e soddisfatto. Non aveva più il bisogno immediato di capire come fare a uccidere senza essere scoperto. Adesso poteva guardarsi attorno con calma, scegliere la sua preda, isolarla e poi colpire. Senza fretta, con prudenza. Il piano stava riuscendo proprio bene.
Si mise in un angolo, al coperto. Puzza di pecora, ma che ci volete fare. Era al riparo dal vento rigido, sazio, riposato. Meglio di quanto si sentisse da anni. Che goduria.
Si addormentò.
Nella settimana seguente si impratichì dei ritmi dell'ovile, sembre badando a stare lontano dalle altre pecore. Alla sbobba ci aveva quasi preso gusto. Il pastore era sempre distratto. Aveva tutto il tempo del mondo.
Troppo tempo. Con un sussulto Dario si rese conto che da giorni non studiava più i movimenti delle sue future vittime. Si stava forse rammollendo? Accidenti era un lupo, un lupo! E doveva ragionare da lupo!
Devo scuotermi, si disse, o sarà tardi. Questa pelle che indosso diventerà la mia pelle. Devo individuare una preda, e divorarla, adesso. So che ci posso riuscire.
Ecco, quella pecora un po'discosto dalle altre. La sospingerò dietro quell'angolo, la azzannerò alla gola e in un momento sarà tutto finito. Nessuno si accorgerà di niente, se sono rapido.
Lentamente, per non spaventarla,  si accostò alla sua vitima prescelta. Senza parere, cominciò a sospingerla verso il retro dell'ovile. Dieci passi, cinque passi...
"Ehi, che fai, spingi?" ringhiò la pecora.
Dario sbattè gli occhi. Quella voce...
"Fausto? Sei tu, Fausto?"
Da sotto la pelle della pecora che stava davanti spuntò un muso grigio ed affilato. "Dario? Anche tu qui?"
Per un pelo Dario non si mise ad ululare. Il vecchio Fausto! Ecco dove era sparito! Si appartarono dietro l'angolo dove Dario aveva pensato di sgozzare la sua preda.
"Ma non ci posso credere, Fausto! E io che ti davo per morto! Ma da quanto sei qui?"
"Oh, sarà quasi un anno."
"Un anno! Ma è tantissimo!"
"Oh, questo è niente. Sergio sono quasi tre anni."
Dario strabuzzò gli occhi. "Tre anni?"
"Ed è ancora niente. Il vecchio Giuseppe, te lo ricordi? Era capobranco ai tempi dei nostri padri. E' almeno dieci anni che sta qui dentro."
Dario dovette sedersi. Dieci anni! E lui che pensava di avere trovato un espediente furbo e originale.
"Ma...come fate con tutte le pecore che mangiate? Il pastore dovrà pur accorgersi che..."
La sua voce si spense. Fausto aveva abbassato la testa. Era tutto fin troppo chiaro.
"Non mangiate nessuna pecora, vero? Avete rinunciato."
Il silenzio era una conferma.
"Si sta bene, qui, Dario. Come non avevamo mai pensato che si potesse stare quando eravamo là fuori a sbranarci per un topolino. Qui si vive tutti in pace."
"Ma l'essere lupo..."
"E cosa vuol dire essere lupo? Uccidere? Soffrire? C'è di meglio. Molto di meglio. Abbiamo messo su famiglia..."
"Con le pecore???"
"Macché, qui ci sono anche lupacchiotte, cosa credevi? In effetti a volte ho l'impressione che di pecore originali ce ne siano ben poche."
"Ma...il pastore non si accorge di niente?"
"Pensavo fosse stupido, ma non è così. Un giorno l'ho visto che guardava dritto verso di me. E ho capito. Lui sa. E gli sta bene così. Magari non diamo la lana, ma per lui è meglio nutrirci che combatterci."
Dario si sentiva girare la testa. "E così...la nostra sorte, quella dei lupi più intelligenti, è lasciare gli stupidi fuori agli stenti e noi qui, a far parte del gregge?"
Fausto ghignò. "A dire il vero, c'è altro. Te lo ricordi Fulvio, il capobranco?"
Dario annuì. "Certo. Non mi dirai che anche lui è qui?"
"Non proprio. Lui adesso fa il cane da pastore..."

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