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San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo; che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli; e tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. AMEN. Clicca su S.Michele A .>>> e vai alla Cappella virtuale Reginamundi.info

venerdì 29 maggio 2015

Il demonio nello specchio.



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di MONS. CHARLES POPE
Chiedendo agli amici quale pensano sia la radice più profonda di tutti i peccati, ho ricevuto tre risposte principali. Una era una scrollata di spalle a indicare nessuna risposta. Un'altra era un riferimento alle scritture - “L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali” (1 Tim 6, 10). Discuterò in seguito perché si tratta di una risposta inadeguata. La terza risposta è stata che il peccato originale (e la concupiscenza che ne è seguita) è la fonte di tutti gli altri nostri peccati. L'unico problema con questa risposta è che non spiega il peccato di Adamo ed Eva (originale), né spiega la caduta degli angeli, che sembra siano caduti in gran numero senza peccato originale o concupiscenza e sono ora demoni. Bisogna quindi cercare una radice ancor più profonda.

Riferendomi a San Tommaso d'Aquino e a padre Garrigou-Lagrange, permettetemi di rispondere che la radice più profonda di tutti i peccati è l'amore di sé non ordinato. Da questa radice derivano tutti i peccati, incluso il peccato originale di Adamo e quello degli angeli. È vero che la nostra condizione caduta ha intensificato il problema dell'amore di sé non ordinato, ma la possibile tentazione di questo era presente già da prima.

A cos'altra faceva infatti appello Satana quando ha detto ad Eva “Diventereste come Dio” (Gn 3, 5)? E da cosa sono stati tentati Lucifero e tutti gli altri angeli caduti quando si sono misteriosamente ribellati e hanno dichiarato il loro non serviam (non servirò)? Adamo ed Eva, così come tutti gli angeli (anche senza peccato e non caduti), hanno scelto di amare se stessi più di Dio. Non amavano o non confidavano in Dio più di quanto amassero se stessi. Per noi il dramma continua, ma finirà con la nostra decisione duratura e definitiva di amare Dio o di amare di più noi stessi.

L'amore di sé non ordinato è la causa più fondamentale di tutti i peccati. Conosciamo tutti il suo potere e la sua qualità perniciosa. Anche le cose più belle che facciamo sono macchiate quando le facciamo più per lode e gloria personale che per amore nei confronti di Dio e del prossimo.

Permettetemi di riassumere qualche pensiero di padre Garrigou-Lagrange, che prende avvio dalla Scrittura.

Dall'amore di sé non ordinato, la radice di ogni peccato, scaturiscono le tre forme di concupiscenza di cui parla San Giovanni quando dice:“Perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo” (1 Gv 2, 16). 

La concupiscenza della carne è il desiderio non ordinato di ciò che è, o sembra essere, utile alla preservazione dell'individuo e della specie [Gola e Lussuria]… La voluttuosità può quindi diventare un idolo... 

La concupiscenza degli occhi è il desiderio non ordinato di tutto ciò che può risultare gradito alla vista: lussuria, ricchezza, denaro... Da questo nasce l'avarizia [cupidigia]. L'uomo avaro finisce per fare del suo tesoro il suo dio, adorandolo e sacrificando tutto ad esso: il suo tempo, la sua forza, la sua famiglia, e a volte la sua eternità...

L'orgoglio di vita è l'amore non ordinato della nostra eccellenza … [da questo nascono orgoglio, rabbia, invidia e accidia]. [Chi è orgoglioso] finisce per diventare il proprio Dio, come è accaduto a Lucifero.

L'amore di sé non ordinato ci porta alla morte, secondo le parole del Salvatore: “Chi ama la sua vita (in modo egoistico) la perde e chi odia (o sacrifica) la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” (Gv 12:25). … Solo un amore più grande, l'amore di Dio, può conquistare l'amore di sé (Lagrange, The Three Ages of the Interior Life (Tan Publications) Vol. 1: 300-301, 368-370)

San Tommaso dice che tutti gli atti peccaminosi derivano dall'amore di sé non ordinato, che che ci impedisce di amare Dio sopra tutto il resto e ci tenta ad allontanarci da lui (Summa Theologica I, IIae, q. 77 a. 4; et 84, a. 4).

La causa propria e diretta del peccato va ricercata dal lato della conversione al bene transitorio, cioè dell'affetto disordinato per un bene temporale. Ora, tale affetto disordinato per un bene temporale deriva dal fatto che uno ama disordinatamente se stesso: infatti amare qualcuno significa volere a lui del bene. È quindi evidente che l'amore disordinato di sé è la causa di tutti i peccati (Summa Theologica 77.4 respondeo).

All'obiezione per cui la Scrittura dice “L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali” (1 Tim 6, 10), San Tommaso risponde:

Il desiderio del danaro si considera radice dei peccati, non perché le ricchezze sono desiderate per se stesse, come ultimo fine; ma perché sono molto ricercate come utili per ogni fine temporale. E poiché un bene universale è più desiderabile che un bene particolare, esso muove di più l'appetito che i beni particolari, raggiungibili con molti altri mediante il danaro (Summa Theologica I, IIae, 84, 1 ad 2).

In altre parole, il “denaro” è desiderato come un mezzo e non un fine, non come bene in sé, ma come mezzo per indulgere nell'amore di sé non ordinato. Quest'ultimo è quindi una radice più profonda rispetto all'amore del denaro. Il denaro viene desiderato per facilitare e realizzare il problema più profondo.

San Tommaso prosegue mostrando come i vizi capitali (peccati) derivino dall'amore di sé non ordinato. Quelle che seguono sono mie riflessioni, basate sulle sue.

• Orgoglio (a volte chiamato vanagloria) – Amiamo la nostra eccellenza apparente più della certa e più grande eccellenza di Dio, o dell'eccellenza che può esistere in altri.

• Cupidigia – Abbiamo un amore eccessivo e insaziabile per le cose a causa del nostro eccessivo amore per noi stessi e del bisogno percepito di possedere queste cose per il nostro bene.

• Concupiscenza – A causa dell'eccessivo amore di sé e del desiderio di soddisfarci, desideriamo gli altri per il piacere che ci possono dare, piuttosto che amarli per il loro bene.

• Rabbia – L'eccessivo amore di sé ci fa guardare a molte cose e molte persone (Dio incluso) con paura e quindi con rabbia, percependoli come minacciosi. Per questo, resistiamo loro rabbiosamente ed empiamente.

• Gola – L'eccessivo amore di sé ci fa soddisfare la nostra passione per cibo e bevande al di là di ciò che è salutare nel lungo periodo, di ciò che è rispettoso di Dio o generoso nei confronti degli altri.

• Invidia  L'eccessivo amore di sé e l'eccessivo egoismo non ci fanno apprezzare la bontà degli altri, perché la percepiamo come qualcosa che sminuisce la nostra porzione di lode o gloria.

• Accidia – L'eccessivo amore di sé fa sembrare Dio un usurpatore della nostra vita, del nostro tempo, delle nostre opinioni o del nostro piacere, e quindi ci rattristiamo o evitiamo il Suo piano per la nostra felicità.

È questa, dunque, la radice più profonda di tutti i nostri peccati. Non possiamo semplicemente biasimare il mondo o il demonio, anche se non possono neanche essere esclusi. L'amore di sé disordinato è tuttavia quello che dà al mondo e al demonio facile accesso a noi. È il “tasto” che premono per ottenere facili risultati.

Questa fonte di peccato è ben più vicina e sottile di quanto immaginiamo. Solo un amore più grande – l'amore di Dio – può conquistare l'amore di sé. Il più grande comandamento è quindi questo: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti (Mt 22, 37-40).

Anche la nostra guarigione, quindi, dipende da questi due comandamenti. Chiedete un maggiore amore per Dio, un appropriato amore di voi stessi e il dono di amare il vostro prossimo con lo stesso amore appropriato.


Monsignor Charles Pope è parroco della parrocchia Holy Comforter-St. Cyprian di Washington, D.C. (Stati Uniti). Ha frequentato il Mount Saint Mary’s Seminary ed è laureato in Divinità e Teologia Morale. È stato ordinato nel 1989 e nominato monsignore nel 2005. Ha condotto uno Studio Biblico settimanale al Congresso degli Stati Uniti e alla Casa Bianca, rispettivamente per due e quattro anni. Questo articolo è stato pubblicato in origine sul suo blog sul sito web dell'arcidiocesi cattolica di Washington.




[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]


Kairos: Il demonio nello specchio

giovedì 28 maggio 2015

lunedì 18 maggio 2015

Osammot.


Originally posted on Berlicche:
Noi, che crediamo pur non avendo visto, siamo grati a quel Dio che venne comunque da Tommaso, e gli fece toccare con mano.
Poveretti invece quelli che, pur avendo visto, non crederanno.
caravaggiomani

sabato 9 maggio 2015

l’argomento di oggi, vediamo, è…Dar da bere agli assetati!


Nessuna misericordia – II – Non dare da bere agli assetati

Originally posted on Berlicche:
Cari compari demoni, eccellentissime autorità infernali e anime mortali in collegamento con noi, grazie per essere intervenuti a questa seconda lettura del seminario sulle cosiddette opere di misericordia corporale.
Mio zio l’arcidiavolo Berlicche si scusa per non essere potuto intervenire personalmente neanche questa volta, ma mi ha di nuovo inviato un messaggio con tutto quello che devo dirvi. E l’argomento di oggi, vediamo, è…
II – Dar da bere agli assetati
All’inizio a me pareva quasi uguale a quell’altra cosa, il cibo agli affamati. C’era proprio bisogno di distinguere?
Ma poi mio zio scrive: “E’ superficiale chi non vede differenza tra quest’opera e dare il cibo agli affamati”. Beccati anche voi, eh? State a sentire come continua.
“Ho già spiegato la volta scorsa che gli esseri umani hanno necessità non solo dello spirito ma anche delle cose materiali per sopravvivere. In particolare, hanno bisogno di acqua. Cos’è quest’acqua di cui si parla? Un particolare tipo di materia, un’invenzione del Nemico. Quaggiù all’inferno non ne troverete. Chi frequenta gli umani sa di cosa sto parlando. Il loro mondo è pieno zeppo di questa roba sgradevole.
Penso che la fantasia del Nemico-che-sta-lassù in questo caso sia stata proprio perversa. Passi per il cibo, passi per l’aria che brucia insieme al cibo per dare energia. Ma l’acqua? L’acqua non brucia. L’acqua non dà forza. E’ solo una sostanza usata dal Nemico per impastare gli umani. E’ inerte, eppure senza di lei i corpi dei mortali si disseccano e si separano dalle anime. C’è da domandarsi a quale scopo il Nemico l’abbia inclusa non solo tra gli ingredienti, ma anche tra le cose che devono essere continuamente fornite agli umani per farli sopravvivere.”
Già, zio, perché? Non ci avevo mai pensato. Ma, come scrive zio Berlicche, non è una domanda oziosa. Quest’acqua di cui ho parlato il Nemico la fornisce a tutti in quantità immense. Non devono fabbricarsela, coltivarla, allevarla, cucinarla come il cibo: come vi dicevo, nel loro mondo si trova ovunque. Allora, vi chiederete, perché l’insistenza su questo “dare da bere”?
Sembra che il Nemico voglia che gli uomini capiscano che è un regalo che arriva di lassù, proprio perché non hanno fatto niente perché ci sia. Qualcosa che piove dal cielo, da dividere con chi ha difficoltà a procurarselo. Come se volesse togliere loro ogni possibile scusa. Come li allenasse a capire cosa vuol dire dare gratuitamente a chi chiede.
Questo atteggiamento, capirete, è ben lontano da quanto il Nostro Padre che sta Quaggiù ci ha sempre insegnato. Cioè che tutto deve sempre essere a nostra disposizione, che ogni cosa ci deve essere fornita come è nostro diritto, ma non dobbiamo niente a nessuno. Proprio quello che dovrebbe fare una vera divinità: invece di affidarsi alla buona volontà delle sue creature, fornirle di tutto in cambio della cieca obbedienza. Invece di quell’abominio chiamato libertà, la sana rilassatezza del dominio assoluto. Invece della ricerca della verità, imporre loro ciò che devono pensare, e distruggerli se sgarrano.
Come ci insegnano alla scuola di dannazione, quel cristallino egoismo è ciò che dobbiamo ricercare nella nostra missione di demoni. Non sappiamo che farcene di quelli che ci dicono cosa dovremmo fare. Ci è data la libertà, e noi l’usiamo per eliminare la verità. Quella verità che, come il Nemico dalla quale proviene, odiamo più di ogni altra cosa. Una volta negata lei, negare un bicchiere a chi ha sete non è di nessuno sforzo.
Lo sforzo che invece deve fare chi ha pietà di qualcun altro. Attività innaturale, dico io. Persino i delegati del Nemico hanno bisogno continuamente di intervenire in proposito. Sono sempre lì a scrivere encicliche e bolle, proclamare che la misericordia ha una faccia eccetera eccetera. E noi dietro per evitare che gli umani capiscano quelle parole, sempre indaffarati a correre di qua e di là per distorcere e minimizzare. Che gran fatica!
Lasciatemelo dire da tentatore: allontanare la carità è ancora più difficile per l’acqua che per il cibo. La roba da mangiare da dare via il mortale la può comprare e fregarsene, ma il bere coinvolge di più. Per togliere i rimorsi al futuro dannato lo si deve far concentrare non sull’atto in sé, non su cosa gli è chiesto di fare, ma sulla giustificazione che lui stesso si dà per non farlo.
Una volta pensavo che bastasse impedirgli di compiere il gesto, ma mio zio Berlicche mi ha spiegato che è molto più interessante lavorare sulle scuse. “Impedisci loro di fare il giusto, e avrai un peccato; fagli giustificare il male, e avrai un dannato”, dice sempre.
Per farli sentire a posto con la coscienza quando fanno qualcosa di sbagliato basta dirottare la loro attenzione su qualcosa di differente, suggerire che il loro interesse conta di più di quello del bisognoso. Certo, con il dare da bere è più complicato dargliela a bere, ma…
C’è il “non spetta a me”, il “devo pensare prima alla mia famiglia”, il “sono troppo lontani” e pure “è per il suo bene”. La paura di sporcarsi o di attentati. La legge. A volta la scusa migliore è quella più semplice e idiota. Perché, come mi spiegava mio zio, gli umani in fondo vogliono fare il male. E’ nella loro natura. Si aggrapperanno ad ogni pagliuzza, pur di non affaticarsi a fare il giusto.
L’acqua, l’ho detto, è vita. Negare dell’acqua ad uno è come negargli la vita. Pochi spettacoli affascinano e rendono felici noi demoni come il vedere qualcuno fatto morire di sete. E’ una delle sofferenze che preferisco perché, oltre a sentire il dolore del corpo che si disfa, il mortale prova l’abbandono da parte dei suoi simili. Mio zio dice che le anime di coloro che hanno fatto morire di sete qualcuno, che hanno proibito di dissetare il bisognoso, hanno un sapore particolare di crudeltà che è tra i più dolci da succhiare.
Perché anche noi abbiamo sete, una sete eterna ed inestinguibile. Aiutateci a mitigarla un poco: non date da bere agli assetati.
eutanasia
Questi inviti a tutti gli aspiranti dannati a non praticare le opere di misericordia corporali possono essere lette in anticipo su la Croce