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San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo; che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli; e tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. AMEN. Clicca su S.Michele A .>>> e vai alla Cappella virtuale Reginamundi.info

domenica 11 gennaio 2015

C.S. Lewis. La visione del Regno e la sconfitta degli inferi.

                                     immagine da natidallospirito.com

C.S. Lewis. La visione del Regno e la sconfitta degli inferi.

Mio caro, mio carissimo Malacoda,
mio pupattolo, mio gattino, ti sbagli di grosso venendo piagnucoloso, ora che tutto è perduto, a chiedermi se i termini affettuosi che io ti indirizzavo non significavano nulla fin dall’inizio. Tutt’altro! Sta’ sicuro che il mio amore per te e il tuo amore per me sono simili come due piselli. Io ho sempre sentito un grande desiderio di te, come tu (sciocco, degno di compassione) hai desiderato me. La differenza consiste nel fatto che io sono il più forte. Io penso che ora ti daranno a me; o mi daranno un pezzettino di te. Amarti? Ma sì! Non mi son mai cibato di un bocconcino più squisito. Ti sei lasciato sfuggire dalle dita un’anima. L’urlo della fame resa più acuta per quella perdita riecheggia in questo momento per tutti i gironi nel Regno del Rumore giù giù fino al trono. Il solo pensiero mi fa impazzire.
So benissimo che cosa avvenne nell’istante che te lo strapparono di mano! Subitamente i suoi occhi videro chiaro (nevvero?) ed egli ti vide per la prima volta, e riconobbe la parte che tu avevi avuto in lui e vide che tu non l’avevi più. Pensa soltanto (e sia questo l’inizio della tua agonia) ciò che egli pensò in quell’istante; come se fosse caduta la crosta da una vecchia piaga, come se egli fosse emerso da un erpete spaventoso simile a una conchiglia, come se si fosse sbarazzato per sempre di una veste sozza e fracida che gli s’appiccicava addosso. Per l’Inferno, è tormentoso abbastanza vederli, nei loro giorni mortali, togliersi i vestiti che s’erano sporcati e che erano scomodi e diguazzare nell’acqua calda e mandar fuori piccoli grugniti di piacere stirandosi le membra riposate. E che dire, dunque, di codesta spogliazione finale, di codesta purificazione?
Più ci si pensa e peggiori si diventa. Ci è riuscito tanto facilmente! Senza scoraggiamenti crescenti, senza sentenza del medico, senza casa di salute, senza sala operatoria; liberazione pura, istantanea. Per un momento sembrava fosse tutto il nostro mondo; l’urlo delle bombe, il precipitare delle case, il puzzo e il sapore degli alti esplosivi sulle labbra e nei polmoni, i piedi che bruciavano dalla stanchezza, il cuore agghiacciato dagli orrori, il cervello che vacillava, le gambe doloranti; un attimo dopo tutto ciò era sparito, sparito come un brutto sogno, che non conterà più nulla, mai. Sciocco sconfitto superato dalle manovre avversarie! Hai notato quanto naturalmente - come se fosse nato per questo il verme nato dalla terra entrò nella nuova vita? Come tutti i suoi dubbi, in un batter d’occhio, divennero ridicoli? Io so che cosa quella creatura stava dicendosi! Sì. Naturalmente. E’ stato sempre così. Tutti gli orrori hanno seguito lo stesso corso, diventando sempre peggiori, costringendoti in una specie di collo di bottiglia finché, proprio nel momento che pensavi di dover essere schiacciato, ecco! eccoti fuori delle strettoie, ecco d’un tratto tutto a posto. L’estrazione si fece sempre più dolorosa, ma poi il dente eccolo estratto. Il sogno si fece incubo, e allora ti svegliasti. Si muore, si continua a morire, e poi eccoti al di là della morte. Come ho mai potuto dubitare di ciò?
Come vide te, vide anche Loro. So come avvenne. Ti ritraesti vacillante, stordito e accecato, colpito da loro pió che lui non fosse mai stato colpito dalle bombe. La degradazione di tutto ciò! – che questa cosa qui, di terra e di fango, potesse levarsi ritto in piedi e conversare con gli spiriti al cospetto dei quali tu, spirito, non potevi che accasciarti pauroso. Forse avevi sperato che lo spavento e la singolarità della cosa avrebbe mandato in pezzi la sua gioia. Ma qui sta la maledizione; gli dèi sono cose insolite agli occhi mortali, eppure non lo sono. Egli non aveva la più debole idea fino ad allora del loro aspetto, e perfino dubitava della loro esistenza. Ma al primo vederli conobbe che li aveva sempre conosciuti e comprese la parte che ciascuno di loro aveva avuto per molte ore nella sua vita, mentre egli si era creduto solo, tanto che ora poteva rivolgersi a loro, a ciascuno di loro, e chiedere, non: “Chi sei tu?”, ma: “Eri TU, adunque, per tutto il tempo?”.
Tutto ciò che essi erano e ciò che dicevano in questo incontro risvegliava delle memorie. La confusa coscienza di amici che gli stavano intorno, che aveva ossessionato le sue solitudini fin dall’infanzia, trovava finalmente la spiegazione, quella musica che si percepiva al centro di ogni esperienza pura, e che sempre, all’ultimo momento, era sfuggita dalla memoria, si ritrovava ora finalmente. Il riconoscimento lo fece disinvolto in loro compagnia quasi prima che le membra del suo corpo s’acquetassero. Solo
tu fosti lasciato da parte. E vide non soltanto Loro; vide anche Lui. Questo animale, questa cosa generata in un letto, poté posare il suo sguardo su di Lui. Ciò che per noi è fuoco accecante, soffocante, è per lui luce rinfrescante, è la stessa chiarità, e porta le forme d’un Uomo.
Ti piacerebbe, se tu potessi, interpretare la prostrazione del paziente alla sua Presenza, l’aborrimento di sé e la profonda conoscenza dei suoi peccati (sì, Malacoda, una conoscenza più chiara della tua), mettendo tutto ciò in confronto con le sensazioni soffocanti e paralizzanti che provi tu quando t’incontri con l’aria mortale che spira dal cuore del Cielo. Ma tutto ciò è un nonsenso. Forse avrà ancora da sopportare dei dolori, ma essi “abbracciano” quei dolori. Non li baratterebbero per nessun piacere terreno. Tutti i piaceri del senso, o del cuore, o dell’intelletto, con i quali potevi un giorno averlo tentato, perfino i piaceri della stessa virtù, gli sembrano ora, al paragone, non diversi da come apparirebbero le quasi nauseanti attrazioni di una sgualdrina truccata a colui che si sente dire che la sua fidanzata, la donna che aveva veramente amato per tutta la vita e che aveva creduta morta, è lì, ora, alla porta. Egli è ora sollevato in quel mondo dove il dolore e il piacere prendono valori oltre quelli finiti, e dove tutta la nostra aritmetica viene sgomentata.
Ancora una volta c’imbattiamo nell’inesplicabile. Subito dopo la maledizione di tentatori inetti, come te, la maledizione più tremenda
che sta sopra di noi è il fallimento del nostro Ufficio Informazioni. Se soltanto potessimo scovare quali sono veramente le sue intenzioni! Ahimè! ahimè! il fatto che la conoscenza, in se stessa cosa tanto odiosa e nauseante, debba essere necessaria per il Potere! Talvolta sono al margine della disperazione. L’unica cosa che mi sostiene è la convinzione che il nostro Realismo, il nostro rifiuto (di fronte a tutte le tentazioni) di qualsiasi stupido nonsenso, di qualsiasi trucco per attirar l’applauso, DEVE, alla fine, vincere. Intanto ho da arrangiare le cose con te.
Con tutta sincerità mi firmo il tuo sempre più voracemente affezionato
zio BERLICCHE
C.S. Lewis
Le lettere di Berlicche, Arnoldo Mondadori Editore, 1950

La strada per l’inferno non è un precipizio ma un piano inclinato (C.S. Lewis) - See more at: www.natidallospirito.com 


Mio caro Malacoda,
mi pare che ti ci vogliano troppe pagine per narrare una storia molto semplice. La cui conclusione è che ti sei lasciato sfuggire il tuo giovanotto dalle dita. La situazione è gravissima. E io non vedo proprio ragione alcuna per la quale dovrei proteggerti dalle conseguenze della tua incapacità. Un pentimento e un rinnovamento di ciò che l’altra parte chiama ‘grazia’ della grandezza che tu descrivi, è una sconfitta di prim’ordine. Equivale a una seconda conversione, e probabilmente a un livello più profondo della prima. Come avresti dovuto sapere, la nube asfissiante che ti ha impedito di attaccare il paziente nella sua passeggiata di ritorno dal vecchio mulino è un fenomeno ben noto. È l’arma più barbarica del Nemico, e generalmente vien fuori quando egli è direttamente presente al paziente in certe maniere non ancora perfettamente classificate. Alcuni esseri umani ne sono circondati in permanenza, e rimangono perciò inaccessibili a noi.
Veniamo ora alle tue balordaggini. Secondo la tua stessa confessione, dapprima hai permesso al tuo paziente di leggere un libro che veramente gli piaceva, del quale veramente godeva, e non per poter far poi osservazioni intelligenti con i suoi nuovi amici. In secondo luogo gli hai permesso di fare una passeggiata fino al vecchio mulino e di prendervi il tè; una passeggiata attraverso un paesaggio che veramente gli piaceva, e fatta da solo. In altre parole, gli hai permesso due veri, positivi piaceri. Sei stato così ignorante da non vederne il pericolo? La caratteristica dei Dolori e dei Piaceri è che non si può sbagliare sulla loro realtà, e perciò, in quanto esistono, offrono all’uomo che li prova una pietra di paragone con la realtà. Così, sei ti fossi provato a dannare il tuo giovanotto con il metodo romantico, facendone una specie di cavaliere Aroldo e di Werther immerso in un sentimento di compassione personale per cordogli immaginari, avresti dovuto far sì che non provasse in nessun modo un dolore vero. Perché, naturalmente, cinque minuti di genuino mal di denti rivelerebbero i dolori romantici per quell’assurdo che sono e metterebbero a nudo il tuo stratagemma. Ma ti eri messo a dannare il tuo paziente per mezzo del mondo, vale a dire col presentare la vanità, il daffare, l’ironia e il tedio costoso come se fossero dei piaceri. Come non sei riuscito a capire che un piacere vero era l’ultima cosa che avresti dovuto lasciargli incontrare? Come non hai previsto che avrebbe proprio annientato tutto l’inganno che tanto laboriosamente gli hai insegnato a valutare? E che quel genere di piacere che il libro e la passeggiata gli davano era il più pericoloso di tutti? Che gli avrebbe tolto tutta quella specie di crosta che eri riuscito a formargli sulla sua sensibilità e fatto sentire che stava tornando a casa, che stava guarendo? Come preliminare allo staccarlo dal Nemico dovevi staccarlo da se stesso, e avevi già fatto un po’ di progresso si questa linea. Ora tutto è disfatto.
Naturalmente so benissimo che anche il Nemico vuole distaccare gli uomini da se stessi, ma in modo diverso. Ricorda sempre che a lui quel piccoli vermi piacciono veramente, e che pone un assurdo valore assoluto sulla distinzione di ciascuno di loro. Quando dice che devono perdere il loro io, intende solamente dire che devono abbandonare la volontà propria; una volta fatto ciò, in realtà dà loro indietro tutta la loro personalità, e si vanta (sinceramente, temo) che se saranno completamente suoi saranno più che mai se stessi. Quindi, mentre gode nel vederli sacrificare perfino le loro innocenti volontà a lui, odia di vederli allontanare dalla loro natura per qualsiasi altra ragione. E noi invece dovremmo sempre incoraggiarli a farlo. Le più profonde simpatie e i più profondi impulsi di qualsiasi uomo sono la materia prima, il punto di partenza, del quale il Nemico lo ha fornito. Allontanarlo da essi è sempre un punto guadagnato. Perfino in cose indifferenti è sempre desiderabile sostituire le misure del mondo, o della convenzione, o della moda, al posto di ciò che veramente piace o dispiace a un essere umano. A mio avviso andrei molto lontano su questa strada. Mi proporrei come regola di sradicare dal mio paziente qualsiasi forte gusto personale, che non sia un vero peccato, anche nel caso fosse una cosa innocua, come il tifo per il gioco del cricket della sua provincia, o per la collezione di francobolli, o per il cacao. Tali cose, te lo concedo, non hanno nulla della virtù; ma c’è in esse una specie di innocenza, di umiltà e di dimenticanza di sé della quale non mi fido. Colui che gode veramente e disinteressatamente di qualsiasi cosa del mondo, per se stessa, e senza che gliene importi un fico secco di ciò che ne dice la gente, è per ciò stesso armato contro alcuni dei nostri più sottili modi di attaccare. Dovresti sempre preoccuparti di far sì che il tuo paziente abbandoni le persone, o il cibo, o i libri che veramente gli piacciono in favore delle persone ‘migliori’, del cibo ‘giusto’, dei libri ‘importanti’. Ho conosciuto un essere umano che ha trovato le difesa contro forti tentazioni di ambizione sociale in un gusto ancora più forte per la trippa e le cipolle.
Rimane da considerare il modo di riparare al disastro. La cosa migliore è di impedirgli di fare alcunchè. Non importa la sua opinione, anche se elevata, riguardo al nuovo pentimento, purchè non ne faccia un principio di azione. Fa’ in modo che il piccolo bruto si avvoltoli in se stesso. Vi scriva su magari un libro, se ne sente l’inclinazione; è spesso un modo eccellente di sterilizzare i semi che il Nemico pianta in un’anima umana. Lasciagli fare qualsiasi cosa, purchè non venga all’azione. Nessuna quantità di pietà nella sua immaginazione e nei suoi affetti potrà recarci danno, se riusciamo a tenerla lontana dalla sua volontà. Come ha detto uno degli esseri umani, le abitudini attive sono rafforzate per mezzo della ripetizione, ma le passive vengono indebolite. Più spesso egli sentirà senza agire e meno sarà capace di passare all’azione, e con l’andar del tempo sarà meno capace di sentire.
Tuo affezionatissimo zio
Berlicche
C.S. Lewis, Le lettere di Berlicche, 
Oscar Mondadori, VIII lettera, pp. 53-56
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sabato 10 gennaio 2015

Dieci anni fa...Berlicche.

 10! pubblicato da 
Un post di sabato? Sì, un post di sabato. Ma un sabato speciale.
Dieci anni fa, per una serie di circostanze, aprii un blog. Su quella che era la piattaforma gratuita splinder. In cerca di un nome, presi quello che avevo usato quando scrivevo e disegnavo cartelloni satirici all’università: Berlicche.
Sinceramente non avrei mai pensato che sarebbe durato tanto da arrivare alla doppia cifra. Né che sarebbe stato letto da tanta gente. Né che mi avrebbe permesso di conoscere persone tanto meravigliose.
Non avrei mai pensato che sarei stato chiamato a difendere ciò in cui credo così spesso, così duramente, tanto a lungo. Le circostanze, il tempo, gli incontri hanno plasmato i miei scritti e me stesso.
Mi hanno tenuto desto. Mi hanno fatto camminare.
Non ho mai derogato alla regola che mi sono imposto tanti anni fa, di pubblicare un post ogni giorno feriale.
Può risultare incomprensibile. Alcuni me lo hanno anche detto: chi te lo fa fare. Ma la responsabilità di dire qualcosa di vero ti costringe a stare sveglio anche quando vorresti dormire. Dormendo, ci vorrebbe mai alzarsi?
Quanti post scritti a tarda notte, con la testa svuotata dalla fatica, quando ti sembra che tutte le idee buone siano già state usate.
Quante volte la tentazione di dire “tanto è lo stesso”. Barare.
Ma giocando contro te stesso, se bari, perdi.
Poi, il giorno dopo, rileggi quello che hai scritto e ti stupisci. Alcuni dei miei post migliori, in effetti, non so quasi di averli scritti.
Rileggere i miei antichi articoli è per me stesso fonte di meraviglia. Porto più di quanto sono.
E così dopo
2316 articoli
44907 commenti (di cui parecchi miei)
1.617.350 pagine visualizzate, circa
750.000 visitatori unici – anche qui, circa
(e lasciamo stare “abbonati”, facebook, twitter, ripubblicazioni, cartaceo, radio e via andare)
un trasferimento
tanti amici, tante cose apprese da non poterle contare;
una vita più viva
10 anni
Sono qui pronto non dico a ricominciare, ma a proseguire.
Per dove non so. Vogliamo scoprirlo insieme? 
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giovedì 8 gennaio 2015

Kairos: Neanche il diavolo...

Kairos:

Neanche il diavolo...




Come da tradizione, anche nel 2014 l’ultimo numero del settimanale Tempi è interamente dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso firmati da diverse personalità del panorama sociale, culturale e civile italiano e non solo. Nella rivista che resterà in edicola per due settimane a partire dal 31 dicembre, troverete, tra gli altri, i contributi di Angelo Scola, Asia Bibi, Louis Raphaël I Sako, Fausto Bertinotti, Luigi Amicone, Renato Farina, Mattia Feltri, Fred Perri, Pippo Corigliano, Annalisa Teggi, Alessandra Kustermann, Mario Tuti.
Pubblichiamo qui il “Te Deum” di padre Aldo Trento, missionario in Paraguay


Con il cuore traboccante di pace alla fine di quest’anno sento mie le parole del Te Deum. Un anno, il 2014, carico di avvenimenti che mi hanno fatto gioire e soffrire. Gioire perché ho visto tanti piccoli alberi fiorire. Più di 200 persone accompagnate a morire. Ultimamente quasi ogni giorno due persone lasciavano questo mondo per entrare in quello che san Pietro ci diceva nelle letture: cieli nuovi e terre nuove. Nel dolore di vedere le lunghe agonie che sembravano interminabili, sperimentavo la verità dell’esistenza: solo la certezza che l’uomo, che io sono relazione con il Mistero, non solo impedisce la disperazione ma rende il dolore della malattia una possibilità di uno sguardo sereno alla meta che si avvicina. Osservando il dolore dei miei ammalati ritrovavo e ritrovo il senso della mia spondilite che lentamente guadagna terreno, provocandomi a vivere con gli occhi fissi al Mistero fatto carne in Gesù che oggi vive nell’Eucaristia e nei miei ammalati crocifissi come Lui sulla Croce. Ogni volta che un paziente lascia questo mondo prima di chiudere la bara gli do un bacio sulla fronte riconoscendo così che anche il corpo, un giorno tempio dello Spirito Santo, risorgerà. La fronte è sempre fredda ma il calore del mio bacio esprime un pochino la tenerezza di Gesù. È davvero commovente accompagnare quelli che per il mondo erano immondizia a morire fra le braccia di Gesù. Se questa è la prima ragione per cui ringrazio Dio, la seconda è l’aver visto quelli che dieci anni fa erano bambini poveri, sporchi, destinati all’accattonaggio, terminare gli studi, iscriversi all’università e lavorare per mantenersi. Alcune sere fa abbiamo festeggiato questo avvenimento, impensabile alcuni anni fa, sottolineando il fatto che la provvidenza divina ha fatto bene il Suo lavoro. Vedere questi ragazzi di 17-18 anni felici, per tutti e per me in particolare è stata una commozione perché sono in missione per educare, per formare uomini, pescando nella miseria i bambini della scuola. Li prendiamo a tre anni per condurli fino a terminare le superiori.
Ma tutta questa grazia vissuta è passata attraverso prove morali che mi hanno scosso profondamente. Ad un certo punto dell’anno mi sono trovato in una bufera senza precedenti nella mia storia. Alcuni hanno pensato che ero diventato matto, che avevo perso “il bene dell’intelletto”. Molti amici mi hanno fatto compagnia, in particolare padre Julián Carrón, che non solo mi ha chiamato due volte ma si è offerto di venire, in giornata, a visitarmi. Anche Marcos e Cleuza mi sono stati vicini.
Scelto dall’eternità per un compitoHo sperimentato un pochino il grande dolore di Gesù nel Getsemani. I momenti di oscurità sono stati molti, fino al punto di pensare che sarei ricaduto in una nuova depressione. Ma la Madonna non lo ha permesso, come non ha permesso che questo piccolo quartiere della carità si trasformasse in una “ruina” come quelle dei gesuiti. Ho avuto giorni in cui mi avvolgeva l’oscurità e gridavo a Dio di mostrarmi il suo volto, di farmi capire se quest’opera era sua o di quel poveretto di padre Aldo, ritornello che ero abituato a sentire. In questa situazione, aiutato da alcuni amici, ho provato ancora una volta che il cammino della fede non può non fare i conti con la sofferenza e che solo l’io dal quale nasce un’opera è chiamato a riconoscere di essere relazione con il Mistero. È di questa certezza diventata ancora più radicale, che voglio ringraziare il Signore alla fine di un anno in cui ho visto come agisce il Mistero. Oggi più che mai mi sono chiare le cose. La prima è che mi ha scelto dall’eternità per un compito ben preciso resosi manifesto nel tempo. Le opere di carità sono il frutto di questa elezione. La seconda è che se un’opera è di Dio neanche il diavolo può distruggerla. Per cui, accada quello che accada, il mio io riposa in Gesù. Possono togliermi tutto, le opere possono finire ma nessuno potrà togliermi Gesù.

Tempi