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martedì 17 marzo 2015

Il gioco della morte.



Un ascensore scende vertiginosamente. La porta si spalanca. Un uomo scende, sembra stupito. Da un altro ascensore scende una donna: i due si conoscono, sono legati tra loro. Ma non sanno perché sono lì, né come ci siano finiti. Percorrono un breve lussuoso corridoio, che dà su un bar sfavillante. Dietro al bancone c’è un individuo dai capelli bianchi che si inchina e dice loro: “Benvenuti a Quindecim”.
Questo è l’inizio di Death Parade, un anime – cartone animato giapponese – che è trasmesso laggiù in questi giorni. Miracoli dell’informatica, ormai anche noi a pochi giorni di distanza possiamo gustarla sottotitolata. Normalmente non parlerei di qualcosa a cui pochi possono essere interessati, e con una certa difficoltà dato che passeranno ancora sicuramente mesi prima che si possa vedere doppiata in italiano*. Ma devo ammettere che questa serie è eccezionale, e merita una recensione anche se non è ancora chiaro, a sole due puntate dal termine, dove andrà a parare.
Il tema è annunciato dal titolo: infatti i due smemorati verranno informati dal barista che non potranno lasciare quel luogo fino a che non prenderanno parte ad un gioco che avrà come posta le loro stesse vite.
Segue lieve spoiler del primo episodio, che conoscete già se avete visto qualsiasi altra recensione sul titolo. Evidenziare per leggere o saltare a dopo
***

Il barista non dice il falso, ma sta nascondendo loro qualcosa. La posta sono sì le loro vite, ma in senso diverso da quello che viene in mente di primo acchito.Il barista è infatti un arbitro. Incaricato di giudicare la sorte delle anime dei defunti. I suoi due ospiti sono in effetti già morti in un incidente stradale. Il gioco che si accingono a fare, abbastanza truculento, ha il compito di “far emergere l’oscurità” di chi vi partecipa. Il giudizio non avviene per cosa si è fatto in vita, ma sulla maniera in cui ci si pone durante il gioco. Si sacrificherà l’avversario, pur di vincere? Naturalmente le esperienze vissute, che ricorderanno poco a poco fino a rammentare la propria fine, influenzeranno il loro comportamento e quindi la decisione del giudice stesso.A fine gioco i giudicati riprenderanno l’ascensore, diretti verso il nulla o la reincarnazione – così almeno è detto.Sebbene il giudizio non sia quello cristiano, i problemi sono abbastanza simili per suscitare molti interrogativi. Come potete immaginare, spesso siamo di fronte a veri casi limite, che mettono a dura prova anche le nostre coscienze. Tutto ciò intrecciato con la trama principale, che coinvolge l’arbitro già citato, il suo superiore e una misteriosa ospiteumana.Cosa occorre per giudicare bene un uomo? Com-patire con lui, la misericordia, o il distacco impersonale scevro da emozioni? E che cosa giudicare, una vita di sacrifici o di dissoluzione oppure la singola decisione che rovescia ogni cosa?*** fine spoiler***La trama è avvincente e mai banale, intensissima, e suscita tanti interrogativi, ad ogni livello. Il disegno e le animazioni sono eccellenti, di quella Mad House che è probabilmente la migliore tra le case giapponesi. La sigla d’apertura, in stridente contrasto con il tema trattato, è una delle migliori che abbia mai visto.E’ possibile, certo, che negli ultimi due episodi che rimangono da trasmettere (sempre che non sia prolungata) mi sia riservata una delusione. Ma finora siamo andati di bene in meglio. Guardatela, se potete: così potremo discuterne.

*doppiato (Dynit): se no, potete vederlo in streaming sottotitolato in italiano ad esempio qui

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