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domenica 26 gennaio 2014

“Il sacramento del diavolo”, di Don Marcello Stanzione e Carlo Di Pietro.

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di Ester M. Ledda
Che cosa sono i sacramenti? Il Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica spiega che «sono segni sensibili ed efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina» (cfr. n. 224).Quest’opera, però, ci fa notare che anche il diavolo, al quale piace “scimmiottare” Dio, ha i suoi sacramenti, o meglio, i suoi “anti-sacramenti”. Il diavolo, infatti, non vuole che ci venga elargita la vita divina, ma subdolamente non ci pone contro Dio apertamente, bensì in modo più raffinato, facendoci credere che il male è, in realtà, il bene e viceversa.Il “sacramento diabolico”, oggi largamente diffuso come “costume” soprattutto nel mondo occidentale, è la sodomia, il peccato impuro contro natura, uno dei quattro peccati che, come insegna il Catechismo di San Pio X, gridano vendetta al cospetto di Dio. Un peccato che addirittura, come riporta santa Caterina da Siena nel suo magistrale “Dialogo della Divina Provvidenza”, fa schifo pure ai demoni, perché essi, pur felicitandosi degli effetti di tale peccato, non vanno mai contro la loro stessa natura, quella angelica, seppur decaduta.Eppure, oggi, l’ideologia di gender è il pensiero dominante in Occidente, il continente, ormai, post-cristiano. Il diavolo, infatti,  ha convinto che per “amore” tutto sia permesso ed è, addirittura, approvato da Dio.  È veramente così? Ovviamente no, perché il Signore governa il mondo, tutto l’universo, per mezzo di leggi naturali a cui è sottomessa anche la natura umana: trasgredire il diritto naturale significa – come spiegano perfettamente gli autori dell’opera Carlo Di Pietro (giornalista) e Marcello Stanzione (sacerdote) – peccare, offendere Dio sempre e comunque.Già trent’anni fa, nel famoso libro-intervista con Vittorio Messori, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, futuro Benedetto XVI – al quale la sottoscritta spera che la Chiesa gli dia, un giorno, il titolo di Dottore della Chiesa – rilevava che «la interscambiabilità dei sessi visti come semplici “ruoli” determinati più dalla storia che dalla natura, che la banalizzazione del maschile e del femminile si estendono all’idea stessa di Dio e da lì si allargano a tutta la realtà religiosa». Si vuole, si pretende, come il primo uomo e la prima donna, di essere «liberi dalla legge del Creatore, liberi dalle stesse leggi della natura, padroni assoluti del proprio destino» (“Rapporto sulla fede”, Ed. Paoline, 1985).Dio ci ha lasciato la libertà di peccare, ma non ce ne ha dato il diritto, men che mai per “amore”.Quest’opera ha il grande merito non solo di esporre in modo chiaro il magistero della Chiesa, con riferimenti ai Padri e ai Dottori della Chiesa e con i richiami morali dei santi, ma anche di smascherare la propaganda che si sta compiendo da parte delle lobby omosessualiste per mettere a tacere non solo la Sposa di Cristo, ma tutti coloro che hanno l’onestà intellettuale di ammettere che l’“ideologia di genere” – il sacramento del diavolo –  sta portando l’umanità sull’orlo del baratro.Non solo. Gli autori, giustamente, parlano, per quanto riguarda il mostruoso scandalo del “clero pedofilo”, di una verità taciuta: i preti colpevoli di tali abominevoli peccati, sono in realtà il 20%; nel restante 80% non si tratta, appunto di pedofilia, ma di efebofilia. Ovvero membri del clero, sì, ma omosessuali (praticanti) attratti da maschi adolescenti. Senza contare che la percentuale di preti che si macchiano di quest’abominevole peccato, comunque gravissimo, è però bassissimo: lo 0,10% del clero mondiale. Un’altra manovra della potente lobby gay per infangare la loro vera, unica nemica: la Chiesa di Cristo.Non bisogna aver paura di ripetere ciò che l’Apostolo san Paolo diceva ai primi cristiani: depravati e pervertiti non entreranno nel Regno dei Cieli. Infatti, come disse Nostra Signore di Fatima alla piccola veggente, oggi beata, Giacinta Marto: «I peccati che portano più anime all’inferno sono i peccati della carne».Ringrazio gli autori per il coraggio che hanno avuto – e anche l’editore (Fede&Cultura di Verona) – nel pubblicare quest’opera, perché non è facile affermare la verità in questi tempi in cui le lobby gay si stanno impadronendo anche dei parlamenti (basti pensare al disegno di legge Scalfarotto contro la cosiddetta “omofobia”).Ma, essendo membri della Chiesa militante, non possiamo esimerci dalla battaglia in difesa della verità per il bene delle anime, soprattutto per aiutare quelle persone che hanno tendenze omosessuali: dobbiamo far capire che la Chiesa non è loro nemica, ma loro Maestra e Madre, e vuole condurle sulla via della salvezza. Questo libro è sicuramente uno strumento della Provvidenza per combattere questa fondamentale battaglia.Buona lettura, buona meditazione e, soprattutto, buona battaglia.

IL SACRAMENTO DEL DIAVOLO 

«Il sacramento del diavolo», recensione di Ester M. Ledda
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“Il sacramento del diavolo”, di Don Marcello Stanzione e Carlo Di Pietro, un libro per capire e combattere le perversioni dell’omosessualismo.
La medicina per curare la peste sodomitica, vero e proprio sa­cramento del diavolo, è sì la Divina Misericordia, che è però in­nanzitutto chiarezza dottrinale per non rischiare di lasciare i pec­catori nella morte del peccato con dottrine ambigue quando non false.
di Giovanni Zenone
L’editrice Fede e Cultura di Verona ha pubblicato un testo sull’omosessualismo, la sodomia e il Cattolicesimo opera di don Marcello Stanzione e Carlo Di Pietro intitolata “Il sacramento del diavolo”.
Quando ero ragazzino, ricordo che un sacerdote in prima linea nella lotta alla piaga degli stupefacenti e nel recupero dei tossicodipendenti definì la droga sacramento del diavolo. Furono parole molto forti che mi colpirono e che – insieme al sano terrore di avere a che fare con la droga indottomi dai genitori – mi tennero lontano da esperienze sbagliate e da vie senza ritorno. La prima volta che vidi fisicamente la droga ero insegnante, e mi trovavo in gita scolastica. Capii che alcuni miei studenti avevano quella spazzatura e la requisii, con il bel risultato di essere incolpato dai colleghi “per aver violato la privacy dei ragazzi”. Al ritorno dalla gita consegnai al preside il pezzetto di hashish e non seppi che fine poi fece. Nessun provvedimento disciplinare fu applicato a quei poveri sciagurati. Questa è la scuola italiana!
Di acqua ne è passata sotto i ponti e la dissoluzione ha preso dimensioni e profondità sempre maggiori. Oggi che la droga sta per diventare un diritto civile fondamentale per legge, grazie all’abile lavoro di decenni dei radicali e a complicità di ogni parte politica, la nuova frontiera della putrefazione sociale e morale – in realtà ormai lasciata alle spalle – riguarda l’essere umano nella sua dimensione più intima. La rivoluzione attiene la sessualità che è diventata transeunte, opinabile, modificabile, inventabile a proprio capriccio. Noi cristiani sappiamo quale sia la causa e il fine di questa rivoluzione che si riempie la bocca di grandi ideali di tolleranza per creare però generazioni di disadattati, infelici, depressi, suicidi e forse poi di dannati. Il progetto di questo abominio è nel profondo dell’inferno, laddove si complotta da prima della creazione del mondo per spodestare il Cielo.
Poiché tuttavia il Cielo non può essere spodestato, al cornuto e ai suoi maledetti seguaci non resta che accanirsi contro l’immagine di Dio sulla terra, cioè l’uomo. La teologia tradizionale definisce il demonio come scimmia Dei, la scimmia di Dio, colui che scimmiotta Dio senza tuttavia poterlo eguagliare, ma riuscendo solo ridicolo. Non potendo competere in altezza con Dio, si dedica alla bassezza. L’inversione diventa così la cifra di satana che oggi vediamo trionfante. Gli invertiti sono portati in palmo di mano e diventano fanatici e violenti persecutori dei sani, il male diventa prima un diritto (droga, aborto, omosessualità, transessualità, pedofilia, perversioni) poi un dovere (divieto dell’obiezione di coscienza per medici e docenti, divieto di esprimere quale sia il progetto di Dio in accordo con la Bibbia, carcere per i disobbedienti, rieducazione, come già avvie­ne nei Paesi più avanzati dell’Europa e come si progetta di fare, con il disegno di legge Scalfarotto in Italia). Il peccato diventa virtù e la virtù diventa peccato. In quest’ottica la pratica omosessuale – in particolare quella maschile che è la più diffusa – è quasi diventata la condizione del successo mondano.
Non si può tuttavia comprendere appieno perché l’asse portante della rivoluzione si sia spostato dall’economia al sesso, in particolare quello invertito, se non si fa una lettura teologica della sua pratica. Capisco che solo pensare agli atti sodomitici ingeneri schifo nelle persone sane, ma lo studio presente in questo libro deve andare a fondo col bisturi anche nel peggio per trovare una via di salvezza da questa corruzione.
Ogni atto umano ha un significato, e in particolare lo hanno gli atti che riguardano la sfera più intima. L’atto coniugale è un Sacramento all’interno del Matrimonio, e lo è, in grado minore, anche su un piano naturale (in teologia tradizionale si parla di Matrimonio naturale, che ha i suoi doveri e diritti in modo analogo anche se non perfettamente coincidente con il Matrimonio come Sacramento). Questo Sacramento parla dell’unione sponsale di Cristo e la Chiesa e della sua costante apertura alla Vita, sia natu­rale che soprannaturale, con la generazione e rigenerazione di nuovi figli di Dio. L’unione di Cristo alla Chiesa è sempre feconda, genera figli, non è mai fine a se stessa. Così – come insegna l’Enciclica Humanae Vitae – l’uomo non può e non deve spezzare quel legame che c’è fra dimensione unitiva e procreativa insite nella copula. Quest’unione inscindibile, come inscindibile è il legame matrimoniale, rende vivo e gioioso il rapporto d’amore, lo arricchisce, lo fa sempre nuovo e latore di grandi beni per gli sposi e per la società. La spaccatura di quest’unione produce morte, corruzione, putrefazione. Perché la morte è lo spezzarsi dei legami.
Tutta questa visione positiva e vitale dell’amore coniugale viene invertita nel processo storico di satanizzazione del mondo che cerca di scimmiottare la cristificazione o deificazione dell’umanità del progetto redentivo. L’unione vitale e feconda diventa congiungimento artificiale e sterile. Non è vera unione, ma solo sordido congiungimento nel quale non c’è comunione. Non c’è infatti rapporto vis a vis nell’atto sodomitico, ma un uso more ferino dell’altro. Non c’è parità e complementarietà. L’altro è solo uno strumento di piacere come potrebbe esserlo – e lo diventa – chiunque o qualunque cosa o animale siano capaci di dar piacere. Ma non è questo il peggio. Il peggio è il senso teologico e metafisico, oltre che psicologico dell’atto sodomitico.
Mentre l’atto coniugale è unione sacra, l’atto naturale che è più vicino, sul piano naturale, al divino, perché in esso l’uomo è potenzialmente procreatore e lo è nell’atto dell’amore, nell’atto sodomitico la gestualità è e significa la massima profanazione di quanto ci sia di più sacro, cioè dello sperma che unendosi all’ovulo genera vita umana. Lo sperma procreatore viene iniettato e unito alle feci, alla deiezione, alla materia impura per definizione. L’inizio della vita, ciò che è prezioso e santo, è unito forzosamente a ciò che è lo scarto della vita, all’impuro, al repellente. L’atto unitivo diventa così atto disgiuntivo, passando da datore di vita a datore di morte, da santo a profanatore, da bello a schifoso, da pulito a sporco, da divino a satanico. La simbologia qui è davvero parasacramentale, e da qui il titolo di questo libro.
Si capisce quindi perché la sodomia è il vero e proprio sacramento invertito del diavolo, la celebrazione della falsa vittoria del male sul bene, dell’uso strumentale sull’amore.Ora si capisce quindi perché, in un crescendo spasmodico e forsennato, l’ideologia omosessuale voglia imporsi con la violenza al modo intero, perché le sette che governano il modo esigano nei propri riti la sodomia, che non disdegna le più orripilanti degenerazioni con uomini, donne, bambini, oggetti e animali, ma che sempre preferisce la sodomia maschile perché è quella che realizza più in pienezza simbolicamente l’inversione come criterio di rigenerazione, o meglio, di degenerazione del mondo. Nell’atto sodomitico l’uomo distrugge la vita, distrugge l’atto con quale ha ricevuto la vita, nega la dimensione femminile, la umilia ponendola su di un piano inferiore alle feci, compie un gesto nel quale cerca simbolicamente, anche se inconsapevolmente, di suicidarsi, di negare cioè la fonte vitale da cui egli stesso proviene.
Finché non si capisce questo che potremmo definire “teologia dell’omosessualità” si rischierà di lasciarsi ingannare dalla martellante ideologia di genere che ha contaminato anche parte di uomini di Chiesa. Non solo perché – come lo stesso Papa Francesco ha detto – nella Chiesa c’è operante una lobby gay, ma soprattutto perché per ignoranza o superficialità il buonismo, la misericordia da saldi di fine stagione viene spacciata a basso prezzo anche dai pulpiti. Quando infatti si confonde la misericordia per il peccatore con la misericordia per il peccato si tradisce nella maniera più orrida e profanatrice l’atto d’amore più grande di Dio, cioè la Redenzione. La Croce salvifica di Cristo, la sua Divina Misericordia divengono il pretesto per accettare e propagare il peccato. Questo è esattamente il capolavoro del demonio! La Chiesa diventa così da luogo di salvezza luogo di perdizione. Perché la caricatura dell’amore di Dio si configura infatti come il secondo e il quinto peccato contro lo Spirito Santo, cioè la presunzione di salvarsi senza merito e l’ostinazione nel peccato, come insegna l’insuperato Catechismo della Dottrina Cristiana di Papa san Pio X.
La medicina per curare la peste sodomitica, vero e proprio sacramento del diavolo, è sì la Divina Misericordia, che è però innanzitutto chiarezza dottrinale per non rischiare di lasciare i peccatori nella morte del peccato con dottrine ambigue quando non false. Il presente volume ha le caratteristiche per fare chiarezza e offrire la verità in questa nostra epoca così refrattaria alla verità ma proprio perciò così bisognosa di essa. La Misericordia di Dio è quella che dice, al peccatore pentito e perdonato: “Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio” (Gv 5,14) e “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11). Delle altre “misericordie” il Vangelo ci insegna a diffidare.


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