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San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo; che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli; e tu, o Principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. AMEN. Clicca su S.Michele A .>>> e vai alla Cappella virtuale Reginamundi.info

giovedì 21 novembre 2013

Domani è l'anniversario della morte dello scrittore cristiano Clive Staples Lewis - 22 novembre 1963 ( ciclo Le cronache di Narnia)

Foto
CslewisOfficial/albums/profile

Venerdì 22 una lapide nell’angolo dei poeti dell’abbazia per celebrare l’anniversario della morte dello scrittore cristiano Clive Staples Lewis

Da Vaticaninsider:




«Lo scrittore britannico Clive Staples-Lewis(1898-1963) conquista un posto d'onore nell'abbazia di Westminster a Londra. Una placca in pietra sarà inaugurata venerdì 22 novembre, giorno esatto del cinquantesimo anniversario della morte dell'autore del ciclo di romanzi «Le cronache di Narnia» (con 100 milioni di copie vendute nel mondo), nel Poets' Corner, il mitico `angolo dei poeti´ di Westminster, dove si trovano i monumenti e le tombe in ricordo di grandi nomi della letteratura inglese come William Shakespeare, Geoffrey Chaucher, John Keats, William Blake, Charle Dickens e T.S. Eliot. L'ultimo scrittore a fare il suo ingresso nell«angolo dei poeti' dell'abbazia è stato nel 2011 Ted Hughes».







Il resto dell'articolo lo trovate qui sotto:




A SERVICE TO DEDICATE A MEMORIAL TO CS LEWIS





Per chi non lo sapesse , ecco cosa diceva C. A. Lewis sulla sua conversione...

G.K. Chesterton (@GKCDaily)

22/11/13 21:51The contemporary book that has helped me the most is Chesterton's The Everlasting Man. 
—C.S. Lewis, 7th of May, 1963.



http://vaticaninsider.lastampa.i/





Clive Staples Lewis è l'autore del ciclo di romanzi
Le cronache di Narnia
e altri libri
di riflessione religiosa tra cui
Le lettere di Berlicche
berlicchemalacoda 
(danno il nome al blog )

e  di Allegorie di fantascienza 


 ha avuto un'amicizia trentennale 


con *J.R.R. Tolkien.


John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) (Immagine d'archivio)

*J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis:

  • osservando un'amicizia trentennale


Sulla lunga e complessa che ha unito lui e Lewis, Tolkien ha scritto: “ [...] noi abbiamo un grosso debito reciproco e quel legame, con il profondo affetto che l’ha generato, resta."
Se chiedete a un appassionato di Fantasy chi è J.R.R. Tolkien vi risponderà senza dubbi e con dovizia di informazioni: se chiedete chi è C.S. Lewis facilmente vi dirà due cose: che è l’autore del ciclo di Narnia e che era amico di Tolkien. Fino a tempi molto recenti la risposta riguardante Narnia sarebbe stata in dubbio perché se il nome dell’autore de Il Signore degli Anelli è noto anche al lettore di fantasy più occasionale, C.S. Lewis si è trovato a vivere — nei paesi non anglosassoni — la condizione di “nome noto” in una sorta di limbo un po’ nebuloso dove la sua persona e la sua opera erano familiari, sì, ma sostanzialmente poco conosciute. Ora, grazie alla nuova fama di cui Narnia gode, torna anche la curiosità di conoscere meglio il rapporto che ha unito Lewis e Tolkien, senza dimenticare però che indagare sui rapporti personali tra due persone è sempre un salto nel buio e che l’immagine completa continuerà comunque a sfuggirci.

John Ronald Reuel Tolkien e Clive Staples Lewis (Jack per gli amici) si conobbero a Oxford nel 1926, quando avevano rispettivamente 34 e 27 anni e non avrebbero potuto essere più diversi per origini, carattere e scelte di vita: Tolkien era sposato mentre Lewis era scapolo e orgoglioso di esserlo, il primo era cattolico e veniva da una situazione famigliare molto disagiata mentre il secondo si trovava proprio all’epoca nel pieno di una personale ricerca spirituale.

Eppure si scoprirono spiriti affini nelle scelte letterarie e soprattutto nell’importanza che entrambi davano al Mito come genere letterario: in modi diversi si trovarono entrambi a indagare la soluzione dello stesso problema, ovvero se fosse possibile rinnovare il racconto mitologico in termini moderni e offrirlo ai lettori contemporanei. Anni dopo Tolkien riassunse quest’esigenza di scrivere raccontando un commento faceto di Lewis: “Tollers, ci sono troppo pochi racconti che ci piacciono. Temo che dovremo provare a scrivere qualcosa noi.”

Tolkien non aveva un carattere facile ma con i pochi amici che considerava intimi dava il meglio di sé: gioviale, amante della buona conversazione e delle risate in compagnia, poteva passare dalla malinconia alla battuta in un momento. Lewis aveva una mente brillante e un umorismo arguto e pungente che ben compensavano l’altro.
Come già accennato, inizialmente legarono per la comune passione nei confronti della letteratura ma l’elemento fondamentale che cementò la loro amicizia fu la ricerca spirituale di Lewis e l’importanza che entrambi diedero alla religione nella loro vita: Tolkien era un cattolico convinto e seguì con molta partecipazione e affetto il cammino personale dell’amico che dopo un’infanzia protestante e una giovinezza agnostica, negli anni Venti si riavvicinò al cristianesimo. Lewis, convertitosi nel 1931, riconobbe sempre il ruolo importante svolto da Tolkien in questa scelta e trovò in lui un teologo attento e appassionato con cui poter discutere dei temi cari a entrambi. Un legame ancora più necessario per i due uomini se si ricorda che fino alla Seconda Guerra Mondiale non era facile essere cattolici nell’Inghilterra protestante.

A partire dai primi scritti giovanili, negli anni Trenta Tolkien diede forma più compiuta al nucleo delle storie del Silmarillion e dello Hobbit, mentre Lewis cominciò ad imbastire il mondo di Narnia.
Iniziarono a leggere a vicenda il frutto delle proprie fatiche, tanto che Lewis fu tra i pochissimi esterni alla famiglia di Tolkien a poter leggere gli scritti dell’amico. Dirà in seguito Tolkien in merito alla genesi del Signore degli Anelli: “Lui (Lewis, n.d.a.) l’ha ascoltato tutto, pezzettino per pezzettino, letto ad alta voce…”
L’influenza che ebbero l’un sull’altro non fu tanto stilistica quanto umana, negli incoraggiamenti a non demordere di fronte all’ilarità del mondo accademico per le loro fantasie e nel continuare a credere che il mito e il racconto fantastico potessero avere uno spazio nella letteratura per adulti. Contrariamente a quanto ammiratori e biografi hanno sostenuto, tra i due non si instaurò mai una vera collaborazione attiva — cosa che, per inciso, entrambi hanno sempre negato — ma un costante supportarsi a vicenda con spunti e stimoli che nascevano anche dal confronto di stili e gusti molto diversi. Un Tolkien già anziano scrisse in una lettera: “Il debito impagabile che io ho nei suoi confronti non è tanto un’influenza come la si intende di solito, quanto il puro incoraggiamento. A lungo è stato il mio unico pubblico. Solo lui mi ha messo in testa che la mia roba poteva essere qualcosa di più di un divertimento privato.”

Mentre Lewis fu un appassionato sostenitore del Signore degli Anelli, non si può dire che Tolkien, pur apprezzando altri scritti dell’amico, ricambiasse l’entusiasmo nei conforti di Narnia, troppo lontana dal suo mondo per gusto, scelte narrative e fonti.
Purista per natura, Tolkien considerava Narnia un universo caotico dove buone idee e spunti erano soffocati da riferimenti contrastanti, opinione comprensibile se si pensa che l’ottica con cui ha affrontato il suo lavoro era molto diversa da quella del collega. Tolkien ha continuato a ritoccare i suoi libri per decenni, pulendo e sfrondando da tutto ciò che riteneva non necessario, mentre la scrittura di Lewis si nutriva anche di innovazioni subitanee e improvvisi rifacimenti: tanto Tolkien cercò di fare della sua creazione una vera mitologia moderna, basata sulla coerenza di regole inviolabili, quanto Lewis scrisse in Narnia un racconto propriamente fantastico, coltivando il gusto per l’effetto scenico, la commistione di fonti e i rimandi a tradizioni diverse. Un approccio alla scrittura che Tolkien definì “l’intrusione tipicamente lewisiana di cose che non c'entrano.”

Nonostante le differenze di vedute sulle loro opere i due continuarono a frequentarsi fino alla fine degli anni Quaranta, soprattutto perché già dal decennio precedente la loro amicizia si era allargata a includere un gruppo di altri uomini, tutti legati all’ambiente di Oxford, tutti interessati e in misura diversa coinvolti nel mondo letterario, in quel cenacolo di amici diventato noto con il nome di Inklings.
Il gruppo si unì a Lewis e Tolkien nelle serate al pub o a casa dello stesso Lewis; nel corso della serata qualcuno avrebbe tirato fuori un taccuino o un manoscritto da cui avrebbe letto poesie o racconti e, tra lodi e stroncature, avrebbero continuato in discussioni appassionate sino a notte fonda.  continua leggere ...
                       ****

Nel 1942 Lewis raggiunge una enorme notorietà (tanto da meritare nel 1947 la copertina del settimanale Time[2]) per il libro Le lettere di Berlicche.

 Il libro è incentrato sulla bizzarra corrispondenza tra un funzionario di Satana e suo nipote, apprendista diavolo custode. Si tratta di una geniale riflessione sulla natura umana mirata a recuperare il senso del concetto di peccato e a strapparlo alla banalizzazione cui l'ha ridotto la cultura contemporanea. L'opera costituisce una precisa descrizione dei conflitti interni dell'animo umano non trascurando, in questo intento, l'ingrediente sublime dell'ironia, elemento essenziale in pressoché tutta l'opera di Lewis.

Vedere anche:

C.S.Lewis:50 anni dopo 

Una commemorazione dell'autore di Le Cronache di Narnia.

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